Vigneti, guerra di pesticidi tra vicini
Piante bruciate, risse: ora il processo

Venerdì 8 Marzo 2019 di Denis Barea
foto di repertorio
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SUSEGANA - «D'accordo, fatevi la vigna, ma vista la poca distanza dalle nostre case non trattate le piante e la terra con prodotti chimici». Questo era l'accordo che sarebbe stato violato scatenando una vendetta da parte di alcuni dei vicini, che avrebbero a loro volta utilizzato del diserbante per uccidere le viti. Morale: denunce incrociate, da una parte per lesioni aggravate e dall'altra per danneggiamento. E per tutti e cinque i protagonisti di questa vicenda ieri mattina a Treviso è iniziato il processo.

LA VICENDA I fatti risalgono al 2016 ma la vicenda affonda le sue radici qualche anno prima. Siamo tra le colline di Colfosco, un paesaggio caratterizzato da prati, boschetti e anche numerosi filari di vigna. È il periodo cui si comincia sempre più spesso a parlare della presunta contaminazione di acque e terreni causata dai prodotti che vengono utilizzati per proteggere l'uva da vino dai parassiti, in particolare con il famigerato glifosato, noto erbicida totale usato proprio in viticoltura per l'eliminazione delle erbacce che infestano i filari e sospettato di essere cancerogeno. È per questo che quando una famiglia del posto decide di piantare delle vigne in un terreno di proprietà, tra i vicini che abitano nelle case a poca distanza da quei campi suona un campanello d'allarme. «Non useremo nulla di chimico» promettono quelli che vogliono buttarsi sulla produzione di vino. Crescono le piante ma gli interventi a cui vengono sottoposte le vigne suscitano negli altri più di un sospetto. «Usano porcherie sulle viti» è l'accusa. E iniziano le liti, che creano un clima di tensione e conflitto che da allora non sarà più possibile sanare e di cui, giorno dopo giorno, inizia a chiacchierare tutto il paese.

SOSPETTI E SCONTRO Poi si arriva al 2016 e nella vigna succedono cose strane. I proprietari si accorgono infatti che alcune delle piante sono improvvisamente morte e a un esame più accurato emerge che le viti sono dissecate, con le foglie che hanno tracce evidenti di una bruciatura chimica. Non è un fenomeno isolato perché la moria del vitigno va avanti per qualche settimana, vite dopo vite. I proprietari allora decidono di fare la guardia ai campi fino a quando una sera, durante un appostamento, pizzicano un uomo e due donne, tutti vicini, tra i filari. Corrono per vedere cosa stia succedendo e, dicono, li sorprendono tra le piante che grondano di un prodotto chimico. Ne scaturisce un vero e proprio parapiglia che finisce con i due della famiglia proprietaria della vigna che avrebbero messo le mani addosso ai tre sabotatori. Da quanto emerso il prodotto chimico che gocciolava dalle viti sarebbe stato proprio glifosato; usato per distruggere le viti, una punizione agli aspiranti vignaioli accusati di aver utilizzato porcherie nocive per salute per proteggere le loro colture dalle infestazioni. Ma sul campo e addosso ai tre vendicatori di quel prodotto chimico non viene trovata traccia.

LA DIFESA I vicini finiti a processo per danneggiamento si difendono sostenendo che loro, quella sera, avrebbe utilizzato del diserbante nelle loro proprietà e che i due proprietari della vigna li avrebbero aggrediti dopo un acceso scambio di opinioni legato ai dissapori sorti da tempo, trascinandoli nel vigneto dove vengono trovati quando sul posto arriva un pattuglia dei carabinieri. I legali dei contendenti, l'avvocato Luigi Maschio per i proprietari della vigna e l'avvocato Enry Altoè per i vicini, stanno trattando per arrivare ad un armistizio attraverso il reciproco ritiro delle querele. Se ne riparla alla ripresa del dibattimento il prossimo maggio.
 
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