Così il Veneto fu ceduto ai Casalesi: la divisione del territorio tra i gruppi mafiosi

Martedì 26 Febbraio 2019 di Gianluca Amadori
Così il Veneto fu ceduto ai Casalesi: la divisione del territorio tra i gruppi mafiosi

La criminalità organizzata si era spartita il territorio veneto e il clan dei casalesi aveva guadagnato sul campo il predominio riconosciuto sul Sandonatese. È quanto emerge dall'inchiesta condotta da Guardia di Finanza e Polizia che, la scorsa settimana, ha portato all'arresto di cinquanta persone, ritenute collegate al presunto boss di Eraclea, Luciano Donadio.
 


«Talmente solida è stata la posizione egemonica conseguita dal sodalizio nell'area del Veneto orientale da legittimare i suoi dirigenti a porsi come regolatori dei contrasti economici tra i gruppi criminali locali operanti nel settore del narcotraffico e dello sfruttamento della prostituzione - scrive il pm Roberto Terzo - Per la stessa ragione il sodalizio è stato riconosciuto come unico interlocutore, per affari illeciti riguardanti l'area Sandonatese, da altre organizzazioni criminali operanti in altre regioni, appartenenti alla Ndrangheta ed alla criminalità mafiosa catanese.

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La conferma della spartizione la fornisce lo stesso Donadio, in un colloquio intercettato nel 2016, nel quale dipinge il quadro della situazione ai sodali: «Qua comando io! Nella zona vengo prima io e poi ci vengono gli altri. Hai capito?  Dei calabresi non ci passa neanche per il cazzo - spiegava il boss a Pietro Morabito - A me i cazzi dei calabresi non mi sono mai interessati. Se i calabresi avanzano soldi da qualcuno a me non interessa, okay? Noi avanziamo i soldi da lui. Allora è un discorso se tu vai a chiedere la tangente e poi questa zona qua è una zona mia non dei calabresi!»
MONOPOLIO DEI LAVORI EDILIIn un'altra occasione Donadio ammette di aver avuto qualche problema in passato con calabresi e siciliani, risolti con la determinazione di sempre: «Li feci chiamare da vicino... non volevano niente più... Perché? Perché c'è parecchia gente che dice siamo, siamo, siamo... poi quando chiama il capo pecora, non il capo, quello che comanda le pecore... A me non me ne fotte di nessuno, forse non mi sono spiegato... in dieci minuti ti metto insieme dieci persone armate per fare una guerra. In dieci minuti... Devo morire una volta, Mauro...», taglia corto chiacchierando con l'imprenditore Mauro Secchiati, finito in manette anche lui nell'operazione della settimana scorsa.

Il controllo del territorio si concretizza innanzitutto nell'affidamento dei lavori edili della zona a ditte vicine al clan. Nel 2010 Donadio interviene, ad eseMpio, perché l'imprenditore Claudio Casella, ex carabiniere, ha dato in subappalto opere ad una ditta calabrese. L'incontro, stando al pentito Vincenzo Vaccaro, si svolge in un bar, e il boss casalese mette subito in chiaro le cose, riferendo a Casella «altri episodi, come quelli di colpi d'arma da fuoco contro certi calabresi e di una bomba a mano che fece schiattare una casa». In altre occasioni Donadio avrebbe dato istruzioni ai suoi su come procedere: «Devi dire che dobbiamo lavorare noi... allora i cantieri li facciamo saltare in aria... Noi siamo napoletani e casalesi... Dobbiamo fare la guerra?».

IL SUBENTRO
Dalle carte dell'inchiesta emerge con chiarezza anche il momento nel quale Donadio riuscì a prendere in mano gli affari di droga in precedenza di competenza esclusiva di Silvano Maritan (oggi nuovamente in carcere per l'omicidio di Alessandro Lovisetto), il boss che da sempre ha controllato il Sandonatese, in una prima fase in alleanza con Felice Maniero che, dopo il pentimento, ha testimoniato contro di lui.

A raccontare il passaggio del testimone è stato Umberto Manfredi, allora genero di Silvano Maritan, il quale ha riferito agli inquirenti di un primo incontro con Donadio, nel 2004, poco dopo l'uscita del suocero dal carcere: «Gli furono portati dei regali in forma di rispetto - ricorda Umberto - Vennero Donadio, Mimmo Celardo (morto nel 2011, ndr), Raffaele Buonanno...
Maritan voleva riprendere la situazione in mano... Di fronte alle sue pretese non furono opposti problemi». Ma Silvano Maritan fu nuovamente arrestato nel 2005 e poi nel 2008, proprio per droga, e Donadio pian piano diventa padrone del territorio. Con Manfredi che inizia a lavorare per lui, occupandosi di estorsioni e usura, fino a quando viene arrestato nel 2006.

Ultimo aggiornamento: 11:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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