Albo professionale per le prostitute. E dovranno rilasciare anche regolare fattura

Giovedì 14 Febbraio 2019 di Angela Pederiva
Albo professionale per le prostitute. E dovranno rilasciare anche regolare fattura
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Liberi professionisti a tutti gli effetti, con il diritto di ricevere un giusto compenso e il dovere di emettere una regolare fattura, ma anche con l'obbligo di iscriversi all'albo di categoria: quella della prostituzione (Cosa ne pensate? Votate il nostro SONDAGGIO). Lo prevede la proposta di legge statale di iniziativa regionale, inserita all'ordine del giorno nella seduta di oggi della commissione Sanità a Palazzo Ferro Fini, che punta a disciplinare l'attività svolta dai lavoratori e dalle lavoratrici del meretricio.

E INASPRIRE LE PENE Il consigliere Guadagnini: «Ergastolo per chi sfrutta la prostituzione minorile»

«Credo sia giunto il momento di trattare questa pratica senza falsi moralismi, senza il perbenismo che produce solo guerre di principio e nessun risultato pratico», spiega il promotore Antonio Guadagnini (Siamo Veneto) nella relazione di accompagnamento al testo, destinato a Camera e Senato affinché superino la legge Merlin ad oltre sessant'anni dal suo varo.

 
LE RAGIONI
Veneta era la parlamentare Lina Merlin, che ha legato il proprio cognome alla normativa promulgata il 20 febbraio 1958 con gli obiettivi di chiudere le case di tolleranza e introdurre i reati di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione. E dal Veneto riparte, con un'iniziativa interna alla maggioranza di centrodestra, la mobilitazione per legalizzare il mercato del sesso, che secondo le stime citate dal progetto di legge registra in Italia «dalle 50.000 alle 70.000» prostitute, «9 milioni di clienti» e un business pari a «19/25 miliardi di euro». «Un gigantesco giro d'affari illecito, sottratto al fisco», annota Gudagnini, secondo cui serve una legge «che da un lato inasprisca le pene per il favoreggiamento e lo sfruttamento, dall'altro, sulla scia di quanto già indirettamente previsto dalla Corte di Cassazione, consenta l'esercizio legale del meretricio». Il riferimento è a due sentenze del 2010 e del 2011, con cui i giudici hanno stabilito che i redditi delle lucciole vanno considerati come guadagni derivanti da un'attività economica come tutte le altre e, in quanto tali, vanno tassati.

IL MODELLO
Dichiaratamente il modello di partenza è quello della Svizzera, dove il fenomeno è regolamentato fin dal 1942, «con licenze per allestire le case di tolleranza, con reception e con disponibilità a condurre a diversi appartamenti e camere», pubblicità esplicita sui giornali, pagamenti con carta di credito su cui viene versata l'Iva, nonché «scatole del sesso (sex drive-in) per proteggere le prostitute di strada». La proposta prevede però di adattare il sistema elvetico all'esperienza italiana, valorizzando il percorso delle associazioni «che offrono aiuto, sostegno e consulenza a coloro che esercitano la prostituzione», come il Comitato per i diritti civili delle prostitute fondato nel 1982 a Pordenone.

IL DETTATO
Il progetto si compone di 15 articoli, che prendono le mosse dal principio secondo cui «la prostituzione può essere esercitata solo come prestazione resa da un lavoratore autonomo e ne è vietato lo sfruttamento sotto qualsiasi forma». L'attività «può essere svolta anche in forma associata», ma senza «turbare la quiete, la sicurezza, l'ordine pubblico e il buon costume», peraltro mai «sulla pubblica via». Ancora: «Chiunque esercita la prostituzione è tenuto al pagamento degli oneri sanitari, previdenziali e fiscali», così come «alla totale riservatezza dell'identità del cliente». Prescrizioni a cui il libero professionista in questione è obbligato anche in virtù dell'iscrizione a un albo, istituito «presso ciascun Comune» e «nel quale sono indicate le generalità complete delle persone che esercitano tale attività», una registrazione di cui è data comunicazione «all'azienda sanitaria locale e all'amministrazione tributaria per gli adempimenti di competenza». Per l'esercizio del mestiere è previsto infatti un certificato di idoneità sanitaria, da aggiornare «con cadenza mensile».
Angela Pederiva

Ultimo aggiornamento: 19:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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