Batterio killer: altri cinque casi sospetti sottoposti ad intervento

Lunedì 11 Febbraio 2019 di Mauro Favaro
Batterio killer: altri cinque casi sospetti sottoposti ad intervento
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TREVISO - Franco Costa, il paziente di 76 anni morto tre mesi dopo un intervento al cuore effettuato in ottobre al Ca' Foncello, a causa di un'endocardite, è solo l'ultimo caso sospetto. E anche il più eclatante perchè atipico. Ma sono 5 i trevigiani che potrebbero aver sviluppato l'infezione potenzialmente letale da Mycobacterium Chimaera durante un intervento chirurgico al cuore nel periodo considerato a rischio dai vertici dell'azienda sanitaria, cioè fra il 2010 e il 2017. Nel loro caso risposte certe ancora non ce ne sono. Il batterio è a lentissima crescita.
 
E l'emocoltura per evidenziare l'infezione dura tra i 40 e i 50 giorni. Sono arrivate a conclusione solo le due iniziate a dicembre. Gli esiti sono stati negativi. Ma alla Microbiologia del Ca' Foncello non è bastato. «Abbiamo deciso di fare ulteriori accertamenti come massima precauzione -spiega il direttore, Roberto Rigoli- ci attendiamo al 90% che venga confermato l'esito negativo». Adesso si partirà con l'emocoltura anche per i 5 nuovi casi sospetti. Gli esiti potrebbero arrivare a marzo. I sette pazienti in questione sono stati tutti sottoposti a un intervento di cardiochirurgia nel periodo in cui nelle sale operatorie veniva utilizzato un macchinario per la circolazione extracorporea di fabbricazione tedesca all'interno del quale sembrava annidarsi proprio il micidiale batterio. 
L'ESPOSTO
Il caso del 76enne veneziano residente a Lamon (Belluno), morto giovedì nell'ospedale di Feltre per l'infiammazione del rivestimento interno del cuore su una valvola aortica artificiale, per quanto simile, segue un percorso diverso. Il decesso è finito al centro di un esposto contro ignoti che ha portato la Procura di Belluno a disporre l'autopsia per accertare le cause della morte dell'uomo e il Nas a prelevare le cartelle cliniche. Il pensiero è inevitabilmente subito corso a un'infezione da Chimaera. Il 24 ottobre scorso l'uomo, già alle prese con diversi problemi di salute, era stato sottoposto a un intervento di cardiochirurgia al Ca' Foncello. I medici trevigiani, però, tendono a escludere l'ipotesi Chimaera. Sia perché il 76enne non è stato operato nel periodo considerato a rischio sia perché sarebbe il primo caso di un'infezione del genere sviluppatasi così velocemente. Il batterio infatti, cresce molto lentamente. Possono servire anche 5 anni. Questo è il motivo per cui la malattia può emergere anche molto tempo dopo l'intervento. Nel caso in cui dovessero essere confermate nuove infezioni, cosa al momento ritenuta poco probabile, si procederà con una terapia antibiotica. Si tratta di un passaggio molto delicato. La mortalità, secondo i dati disponibili, è del 50%. Una persona su due non ce la fa. E le risposte che si possono ottenere con le cure antibiotiche sono ancora incerte, perché il batterio è stato individuato solo di recente. E' stato proprio l'ospedale di Treviso a sollevare il problema dei macchinari contaminati, segnalando al ministero della Salute, e a far scattare le contromisure. 
I RICHIAMI
Complessivamente sono 1.400 i trevigiani operati tra il 2010 e il 2017 che verranno richiamati per scongiurare il rischio di nuove infezioni. Centinaia si sono già rivolti all'ambulatorio ad hoc aperto nell'unità di Malattie infettive del Ca' Foncello, in stretta collaborazione con la Microbiologia. Il primo sintomo è la febbre persistente, da due o tre settimane, non legata ad altre cause, con affaticamento, problemi respiratori, perdita di peso, sudorazione notturna e dolori articolari. Poi bisogna valutare mille altre variabili. In Veneto fino ad oggi sono state registrate 18 infezioni da Chimaera, che hanno causato sei morti. Il problema è esploso con il caso di Paolo Demo, anestesista dell'ospedale San Bortolo di Vicenza, stroncato il 2 novembre del 2017 a 66 anni da un'endocardite da Chimaera, che dopo alcune complicanze si era rivolto proprio all'ospedale di Treviso. La sua è stata la prima famiglia a sporgere denuncia puntando il dito contro l'apparecchiatura per la circolazione extracorporea. Anche un trevigiano ha già perso la vita: Gianni De Lorenzi, ex assessore di Nervesa, operato al cuore al Ca' Foncello nel 2015 e scomparso giusto un anno fa a causa di un'infezione originata dal Mycobacterium Chimaera, scoperta sei mesi prima. Ma oggi, garantiscono dall'Usl della Marca, le sale operatorie sono assolutamente sicure. Nell'ultima parte dell'anno scorso i macchinari per la circolazione extracorporea sono stati totalmente isolati all'interno di scafandri sottovuoto, rendendo così praticamente impossibile la nebulizzazione attraverso la quale si trasmette il batterio. E il 16 dicembre scorso sono stati definitivamente spostati all'esterno delle sale operatorie. 
Mauro Favaro 
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