Intervista al super testimone, Robert: «Così sono spariti Edith e Luca»

Mercoledì 9 Gennaio 2019 di Gabriele Pipia/Luca Ingegneri
Edith e Luca a pranzo a casa di Robert
28

PADOVA - Ha cenato con Edith Blais e Luca Tacchetto, ha ballato con loro nel ristorante più in voga della città, ha addirittura ospitato a casa i due ragazzi per l’intera notte. Il francese Robert Juilloteau, 64 anni, è l’ultima persona ad aver visto il 30enne architetto padovano e la sua ragazza canadese, scomparsi venticinque giorni fa in Burkina Faso. Raggiunto telefonicamente dal Gazzettino nella sua casa di Bobo-Dioulasso, la seconda città del Paese, Robert fornisce una testimonianza importante e ricostruisce dettagliatamente le ultime ore passate assieme.
 

 

Racconta tutto quello che è successo prima che i due ragazzi venissero inghiottiti da un mistero che sta facendo il giro del mondo interessando tre continenti.
Incidente, rapimento, rapina finita nel sangue? Gli investigatori non scartano al momento alcuna pista.


Monsieur Robert, quando ha incontrato per la prima volta i due ragazzi?
«Io sono in pensione e vivo qui da dieci anni. Ho conosciuto Luca ed Edith sabato 8 dicembre alla frontiera con la Mauritania, quando erano appena arrivati in questa zona dell’Africa. I loro occhi brillavano dalla gioia. Con questa coppia si è instaurato subito un ottimo rapporto. Per questa ragione ho spiegato loro come avrebbero potuto raggiungere la mia abitazione a Bobo-Dioulasso, facendogli persino una piantina dettagliata con le strade della città. Io e mia moglie, una donna del posto, li avremmo ospitati molto volentieri»
Quando vi siete rivisti?
«A distanza di una settimana sono arrivati a casa nostra. Sabato 15 dicembre hanno pranzato con noi, come testimonia la bella foto di gruppo inviata da Luca alla sua famiglia. Siamo stati in compagnia per l’intera giornata. La sera ci siamo recati assieme al ristorante “Bois d’Ebene”, uno dei più conosciuti della zona. Abbiamo mangiato, ascoltato buona musica e ballato in compagnia. È stata una bellissima serata e loro sembravano molto spensierati».
Alle 23.57 di quel 15 dicembre Luca ha inviato ai familiari su WhatsApp un video di dodici secondi in cui è inquadrato anche lei all’interno del locale. Per noi questa è la sua ultima traccia. Cosa è accaduto nelle ore successive?
«Quella notte i ragazzi sono stati ospitati a casa nostra. Ci hanno mostrato le foto del loro viaggio e abbiamo chiacchierato sulla loro meravigliosa esperienza in Africa. Siamo andati a dormire tardi».
E l’indomani?
«Abbiamo fatto colazione assieme. Verso le 11 i ragazzi si sono rimessi in viaggio a bordo della Renault Megane con cui erano partiti da Padova. Volevano andare a visitare la vecchia moschea in città. Poi avrebbero dovuto raggiungere la capitale Ouagadougou per le pratiche necessarie ad ottenere un nuovo visto. Quel giorno dovevano quindi affrontare un percorso di circa quattrocento chilometri che richiede cinque ore di strada».
Avreste dovuto incontrarvi nuovamente?
«Sì, eravamo d’accordo che ci saremmo rivisti a breve. Una volta ottenuto il permesso per entrare in Togo (dove volevano andare a fare un mese di volontariato in un villaggio residenziale, ndr) Luca e Edith sarebbero tornati a Bobo-Dioulasso. Noi quel giorno e i giorni seguenti li abbiamo aspettati inutilmente. Non li abbiamo più rivisti né sentiti».
Cosa può essere accaduto?
«Temo sia successo qualcosa di grave, non so se durante la visita all’antica moschea oppure durante il viaggio verso la capitale. Potrebbero aver incontrato qualche malintenzionato. Luca e Edith sono ragazzi giovani e genuini, tendono a fidarsi delle persone che incontrano. È possibile che abbiano dato confidenza a qualcuno che voleva approfittarne. Da queste parti bisogna stare attenti a tutto, non ci si può fidare di sconosciuti. I pericoli sono sempre dietro l’angolo».
Lei è quindi l’ultima persona ad averli visti la mattina di domenica 16 dicembre. È stato interrogato dalle forze di polizia?
«Sì, ho fornito il mio racconto sulle ultime ore trascorse assieme ai ragazzi. Ho dato ampia collaborazione perché mi sono subito legato a Luca e Edith. Purtroppo ho l’impressione che la mia, come altre testimonianze raccolte dalla polizia, non sia servita a nulla».
Vuole spiegarsi meglio?
«Guardate, qui in Burkina Faso, aldilà di qualche interrogatorio e di generiche ricerche, non è stata aperta alcuna inchiesta. Non riesco a capirne il motivo. Le ambasciate di Italia e Canada devono fare pressione perché lo Stato africano compia il massimo sforzo alla ricerca della verità. Alle famiglie di Luca e Edith dico: sollecitate le vostre autorità affinché qui anche le istituzioni locali comincino davvero ad indagare».
Ha avuto contatti diretti con i genitori di Luca e Edith?
«Al momento ci siamo scambiati soltanto dei messaggi, anche attraverso altre persone. Non ci siamo ancora parlati al telefono ma mi farebbe davvero piacere portare la mia testimonianza e la mia vicinanza. Sono a loro completa disposizione. Se dal Burkina Faso potrò fare qualcosa per capire cos’è accaduto ai ragazzi, io di certo non mi tirerò indietro».
Luca Ingegneri
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ultimo aggiornamento: 17 Gennaio, 13:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci