Osterie trevigiane a rischio di estinzione: «Giovani non vogliono imparare»

Venerdì 21 Dicembre 2018 di Paolo Calia e Valentina Dal Zilio
Da Muscoli's Mauro e Fabio Tambarotto, eredi della mitica Bepa
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TREVISO - Ermes quasi sbuffa dietro al bancone: «Tra cinque anni vado in pensione. E trovare giovani che vogliono intraprendere questa professione è impossibile». Il problema è proprio questo: i locali più tipici della città, lo scrigno delle trevigianità, soffrono di una preoccupante e inarrestabile crisi di vocazioni.

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Il mestiere dell'oste non attira più, le osterie vere stanno lentamente scomparendo. Ermes, che da trent'anni manda avanti praticamente da solo la piccola attività proprio davanti a Ca' Sugana, lo ammette senza troppi giri di parole: «Quando andrò in pensione non so chi prenderà questo locale, non so se rimarrà ancora così. Adesso è molto difficile trovare ragazzi che vogliano imparare questo mestiere. Si lavora mediamente dodici ore al giorno, sei giorni su sette, e non si diventa certo ricchi. E poi bisogna conoscere i prodotti, i vini, abbinamenti. Vendo vino da tanti anni e le cose da  imparare sono ancora molte. E poi i clienti: i giovani ormai vanno da altre parti oppure vengono qui per i cicchetti, i panini o i tramezzini: La clientela, per il resto, è sempre la stessa».

LA PASSEGGIATA
Camminare tra le osterie della città, parlare con i custodi di tanta sapienza popolare, è come attraversare un mondo che sta scomparendo. In tanti si chiedono cosa ne sarà della Gigia, altro pezzo di storia: Ovidio e Alessandro hanno deciso di vendere l'attività. Non di chiuderla, come hanno ribadito in un cartello affisso dentro il locale ormai stanchi di rispondere sempre alle stesse domande. «La Gigia non chiude», ripetono in continuazione. Ma senza di loro, quando troveranno qualcuno in grado di rilevare il locale, cosa rimarrà? Da fine Ottocento in quel piccolo angolo di vicolo Barberia si vende vino. In futuro chissà: purtroppo non sta scritto da nessuna parte che la mozza debba sopravvivere a ogni costo. 


CUSTODI
Gli osti, il loro, lo fanno fino in fondo. Difendono la tradizione. Da Muscoli's Mauro e Fabio Tambarotto, eredi della mitica Bepa che ancora quando può va ad aprire il locale, ti parlano dell'importanza del tavolino al di là del semplice coperto ma soprattutto per la possibilità di giocare a carte: anche questa è tradizione. «Noi siamo già la seconda generazione - dicono - ma dopo non si sa: facciamo questo mestiere da quando abbiamo quindici anni, ma è difficile trovare qualcuno che voglia fare l'oste. E in città le osterie, le vere osterie, sono sempre di meno. Per esserlo devono esserci dei requisiti minimi: un bancone grande con uno spazio dedicato alla mescita e uno per esporre le proposte tra cicchetti, crostini e altro; poi prezzi popolari, abbinati però a qualità e prodotti tipici. E non è facile. Ma il problema è che i giovani sono attirati dai locali omologati, quelli tutti uguali a prescindere dal posto. Il turismo ci sta salvando e quando un milanese, tanto per fare un esempio, entra qui resta a bocca aperta: un locale così non ce l'hanno mica». All'Antico Pallone Orlando Milani è un altro erede di una tradizione che si perde nel tempo: «Il primo documento che parla di questo locale è del 1920, ma c'era da molto prima - dice - noi, teoricamente, saremmo già in pensione. Ma andiamo avanti, non so per quanto ancora». Il ritornello è sempre lo stesso: «Trovare chi vuole fare questo lavoro, fatto di sacrifici, fatica e anche passione, è difficilissimo. E poi è sempre più complicato tenere a bada le tante incombenze. Un peccato: le osterie trevigiane andrebbero difese, sono il patrimonio di questa città».


NUOVE GENERAZIONI
Sarà anche vero che i giovani hanno altri obiettivi, che i polverosi, antichi e affascinanti arredi delle osterie trevigiane non attirano chi è abituato a cocktail e spritz serviti in bicchieri formato secchio, però le eccezioni non mancano.

Per esempio: I Nanetti. Una squadra di ragazzi porta avanti un'attività diventata, come la Gigia, Muscoli's e le altre, attrazione turistica. A pranzo servono panini imbottiti con salumi e formaggi della zona, ombre a non finire a una clientela che va dal manager allo studente. E la passione non manca di certo. E anche in piazza Trentin Federico Minello ha accetto la sfida di prendere un'osteria come la Roggia e scommettere nella trevigianità: «Siamo qui da sette anni e mezzo, abbiamo raccolto l'eredità di Tito. Il locale, dopo un primo anno tiepido, funziona. È una formula mista: abbiamo recuperato la tipica osteria inserendo il drink serale. Questo ci ha permesso di avere la clientela giovane della sera. Ma al mattino qui si ritrovano i nostri anziani: ombra, cicheti e ciacole». Ombre, cicheti e ciacole: un patrimonio in via d'estinzione.

Ultimo aggiornamento: 22 Dicembre, 12:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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