Rialto, il grande vecchio sorvegliato con i sensori 24 ore su 24

Sabato 8 Dicembre 2018 di Tiziano Graziottin
L'ingegnere Andrea Marascalchi
VENEZIA-  Il paziente è in ottima forma, ma ha un bel gruzzolo di anni sul groppone; va tenuto sotto controllo di qui all'eternità. Il nostro magnifico vecchietto, straordinario monumento conosciuto urbi et orbi come il Ponte di Rialto, in effetti ha già visto centinaia di primavere; classe 1591, porta splendidamente la sua età - molto meglio di tanti colleghi più giovani in giro per il mondo - ma dopo il restauro che lo ha rimesso a nuovo deve essere monitorato perché, come succede a noi umani, anche in ambito di conservazione dei beni artistici si pensa che sia meglio prevenire che essere costretti a cure drastiche.
Nella notte tra mercoledì e giovedì il Canal Grande sarà così chiuso per alcune ore al traffico acqueo per permettere l'operazione di installazione delle 15 mire ottiche e dei sensori che consentiranno di registrare ogni minimo movimento del capolavoro rialtino.
 

E sarà un monitoraggio permanente, nel senso che il sistema che sarà installato la prossima settimana durerà nel tempo lavorando proprio come osservatorio in relazione a tutto quel che riguarda il ponte di Rialto.
«In realtà - spiega l'ingegner Andrea Marascalchi, uno dei capitani (con Alberto Chinellato, Manuel Cattani, Roberto Benvenuti e altri big) della squadra che ha restituito a Venezia l'opera nella sua espressione migliore - fin dalle indagini propedeutiche ai lavori voluti dal Comune e finanziati dalla Diesel di Renzo Rosso, c'è stato un sistema di controllo del ponte, proprio per capirne segreti ed eventuali criticità. Abbiamo visto ad esempio che il ponte respira con la stagionalità, si dilata e si alza di 5-6 millimetri col caldo e si abbassa col freddo, in modo molto naturale. Una volta concluso l'intervento il monitoraggio era cessato, ma ora si è deciso di installare questo sistema di controllo permanente, ed è un salto culturale notevole: non ci si accontenta più solo che il lavoro sia stato eseguito con successo, ma si attivano gli strumenti per avere continuamente un report sullo stato di salute dell'opera».
Del resto, il sindaco Brugnaro lo ha sempre detto, e anche scritto nel libro che ha raccontato l'articolato intervento: «La decisione di restaurare il Ponte di Rialto è nata dalla consapevolezza della necessità di tutelare il manufatto, preservandolo dal naturale degrado, per assicurarne funzionalità e splendore non solo nel presente ma anche negli anni futuri. Oltre all'esecuzione dei lavori, studi e indagini sono stati realizzati con crisma dell'eccellenza». Dentro le parole del primo cittadino sta proprio la volontà di proiettare la ritrovata ottima salute del ponte negli anni a venire, di qui la scelta del monitoraggio e di auscultarlo come dei bravi medici. Ponte che, come si diceva, sta bene, ma qualche acciacco ce l'ha, segnatamente sull'angolo del Palazzo dei Camerlenghi.
L'OPERA PERFETTA«Antonio Da Ponte - riprende il ragionamento Marascalchi - ha fatto un intervento mirabile, ancora ci chiediamo come sia riuscito a realizzare un'opera così perfetta con gli strumenti che aveva a disposizione. In quasi cinque secoli il ponte ha avuto solo un modesto cedimento, intorno ai 27 centimetri, nell'unico punto in cui la presenza del palazzo unita a un terreno melmoso (a differenza di quello sul lato di campo San Salvador) gli ha impedito di fare quello che aveva in mente in termini di fondazioni. Si pensi che furono conficcati 6mila pali da una parte e altrettanti dall'altra; la gente dell'epoca diceva che sembrava un pavimento alla veneziana da quanti ce n'erano». Quel cedimento peraltro non preoccupa: «Il ponte è straordinariamente fermo - osserva Marascalchi - i monitoraggi effettuati tra 2013 e 2015 ci hanno detto che l'assestamento è avvenuto. Però vogliamo avere certezze nel tempo, e le 15 mire che andremo a installare ci consentiranno di averne».
In tempi di ponti che crollano, denotano problemi di staticità o abbisognano di continue e costose manutenzioni il Ponte di Rialto resta comunque un miracolo dell'ingegno umano. «Antonio Da Ponte - conclude Marascalchi - non era un archistar dell'epoca, era un proto, un capo cantiere di grandissima esperienza, ormai ottantenne. Dopo i fallimenti dei grandi architetti dell'epoca il Senato Veneziano si fidò di lui quando disse: «le spalle si possono fare e il ponte sarà sicuro». La sua arcata unica è una meraviglia che non ha dato minimamente problemi in sede di restauro, mentre le balaustre e le botteghe, che furono affidate successivamente a due capomastri più giovani, al contrario le abbiamo trovate in pessime condizioni proprio a causa di difetti costruttivi e della fretta di completare l'opera». Già, in qualche caso meglio diffidare delle archistar; ne sappiamo qualcosa.
Tiziano Graziottin
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Ultimo aggiornamento: 14:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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