«Avevo 23 anni e non ero una bambina, anzi posso dire che ero la zia delle altre ragazze, e la mia vita è cambiata in un modo che fatico ancora a decifrare. Sono andata pensando: io lo so dentro di me che cosa voglio fare, e questa può essere una carta da giocare per emanciparmi e per andare via da questa realtà in cui stavo seduta davanti al mare a guardare l’orizzonte e aspettavo che succedesse qualcosa. Studiavo Lettere all’università, ma non sapevo che cosa avrei fatto della mia vita, ero senza futuro». Lo racconta a Grazia Miriam Leone, che sarà nelle sale a partire dal 13 dicembre con il nuovo film “Il testimone invisibile”, in cui recita insieme a Riccardo Scamarcio e Fabrizio Bentivoglio.
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A partire dal caso Harvey Weinstein, il produttore accusato di molestie, il mondo del cinema è stato scosso da una serie di vicende che hanno coinvolto anche l’Italia, sulle quali l’attrice 33enne ha un’idea precisa: «Io lavoro benissimo con gli uomini, amo lo scambio, anche la battuta greve mi fa ridere, la prendo con ironia. La grevità della battuta che mi viene fatta appartiene a chi la fa, proprio non mi tocca. E sono la prima che spesso fa una battuta con una parolaccia, ma se c’è qualcuno che ha dei problemi, che non ha imparato a vivere e a relazionarsi, non ho intenzione di fargli da assistente sociale. L’importante è che ci sia la consapevolezza che non si può usurpare il diritto della donna a dirti di no». E continua: «Ho apprezzato e aderito a Dissenso Comune e #nonènormalechesianormale. Dobbiamo rompere le scatole, sensibilizzare, fino ad apparire noiose, bisogna comunicare questo messaggio semplice: no vuol dire no».
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