Picchia la compagna perché è su Facebook: condannato a 3 anni

Sabato 1 Dicembre 2018 di Francesco Campi
Picchia la compagna perché è su Facebook: condannato a 3 anni
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ROVIGO - Il solo fatto che la compagna avesse aperto un profilo personale su Facebook senza che lui lo sapesse, sarebbe stata l’occasione per picchiarla con schiaffi e calci, facendola cadere a terra sotto gli occhi innocenti del figlio che allora aveva appena due anni. Non è l’unica accusa che viene mossa nei confronti del 31enne di origine albanese che nel dicembre del 2016 era stato condannato in primo grado a 3 anni e 4 mesi per maltrattamenti  in famiglia e nei confronti del quale si è chiuso ieri un secondo processo, per la stessa ipotesi di reato, ma per fatti che sarebbero avvenuti in un periodo successivo a quello preso in considerazione nel primo procedimento.
LA CONDANNA
Ieri, anche nel secondo processo di primo grado, è arrivata la sentenza, pronunciata dal giudice Laura Contini, che ha riconosciuto l’uomo colpevole, condannandolo a una pena di 3 anni. Il periodo preso in considerazione è, in questo caso, quello che va dall’estate 2013 a febbraio 2015, perché il suo comportamento violento e i maltrattamenti nei confronti della donna sarebbero infatti, proseguiti anche dopo che già lei lo aveva denunciato una prima volta, nel corso del 2013, dopo essere andata via di casa, stanca delle continue vessazioni subite, rifugiandosi insieme al figlio a casa della cognata. È a quel punto che il compagno le avrebbe iniziato a rivolgere minacce continue con una serie di sms che sono stati trascritti integralmente dagli inquirenti e sono poi finiti nel capo d’imputazione, offese e parolacce comprese: «Se ti vedo per strada non credere che non ti faccia nulla», «Fin che ho respiro non lascerò che qualcun altro ti porti via, l’ho giurato una volta e manterrò il giuramento», «Torna da me altrimenti ti ammazzo», «Ti brucio la faccia bella che ti ritrovi con l’acido».
I PRECEDENTI
Se questi fatti erano il cuore del primo processo, in seguito, e questo è quanto confluito nella seconda indagine, oltre a picchiarla più volte alla presenza del figlio, accusandola di avere un amante e, per questo, minacciandola di morte, l’avrebbe schiaffeggiata ogni volta che la vedeva parlare con qualcuno sul posto di lavoro, arrivando poi al punto di impedirle di uscire di casa, di chiamare al telefono i suoi parenti, controllandole ossessivamente il cellulare. Pugni e schiaffi che sarebbero arrivati anche a causa della scelta di aprire un profilo Facebook. Non solo, ma sarebbe emerso che l’uomo avrebbe minacciato la compagna di portarle via il figlio se non avesse acconsentito a sposarlo per dargli la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare. Poi, ancora altre minacce: «Se mi denunci uccido i tuoi parenti in Albania», avrebbe detto dicendosi pronto anche a uccidere il loro figlio. Per tutto questo è arrivata la condanna a 3 anni che segue quella a 3 anni e 4 mesi. E’, tuttavia un’operazione impropria pensare di poter sommare le due pene, non solo perché si tratta in entrambi i casi di condanne di primo grado, ma soprattutto perché, trattandosi dello stesso reato protrattosi nel tempo, probabilmente la difesa farà istanza perché ne venga riconosciuta la continuazione.
Ultimo aggiornamento: 14:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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