La basilica di San Marco allagata
Basamenti rotti, colonne scoppiate

Giovedì 1 Novembre 2018 di Roberta Brunetti
VENEZIA - Il nartece della basilica di San Marco
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VENEZIA - Una Basilica di San Marco malata nel profondo, aggredita dall’acqua salata della laguna che risalendo lungo le antiche pareti in mattone sbriciola quell’arazzo di marmi che le rivestono, ma intacca anche gli intonaci dove poggiano i preziosi mosaici che, alla fine, si staccano. Ferite che minano il capolavoro d’arte bizantina da secoli, ma che negli ultimi decenni si sono molto aggravate e che una giornata come quella di lunedì, con l’acqua alta rimasta per ore all’interno della chiesa, rischia di far degenerare.
 

 

Così, stavolta, la Procuratoria di San Marco, che gestisce il luogo di culto, ha deciso di uscire dal consueto riserbo per lanciare l’allarme. «In un solo giorno la Basilica è invecchiata di vent’anni» avevano scritto, l’altro giorno, il primo procuratore di San Marco, Carlo Alberto Tesserin, e il procuratore con delega ai servizi tecnici, Pierpaolo Campostrini, in un comunicato addolorato.

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E ieri mattina al capezzale della grande malata c’era già un paio di televisioni nazionali, mentre nel pomeriggio sono arrivati i tecnici della Soprintendenza, per stilare un primo bilancio dei danni.
 

UN MALE SUBDOLO
Operazione non semplicissima, perché il male che affligge la Basilica è nascosto. «Il danno c’è stato, questo è certo, ma non se vedono subito gli effetti» spiega Tesserin. «Qui non c’è stato un terremoto - aggiunge Campostrini - tanto che abbiamo rassicurato i turisti che ci telefonavano per sapere se c’era pericolo. Ma non è vero che non è successo nulla. Quanto accaduto è grave, abbiamo pianto vedendo la Basilica sott’acqua, sapendo quanto eventi come questi accelerano il processo di degrado».
Un male subdolo, che è anche difficile da comunicare. Lunedì, fino a quando il Comune non ha disposto la chiusura della Piazza, davanti alla Basilica c’erano turisti che sguazzavano in allegria. «Assurdo! - sbotta Campostrini - Venezia non è anfibia, non è un parco acquatico. E la Basilica quando è stata costruita, nel 1094, era stata posizionata ben al di sopra del mare. Almeno un metro e mezzo più alta, rispetto ad oggi, l’acqua non doveva arrivare mai».
IL NEMICO IN CASA
Nove secoli dopo l’acqua è diventata il nemico contro cui combattere ogni giorno. Non solo per quella che allaga materialmente i pavimenti millenari, corrode i marmi e i portali bizantini, ma anche per quella che risale, con il salso, dal terreno e si inerpica anche fino a dieci metri d’altezza, dove ci sono i mosaici.
L’AVANZATA
Per capire l’avanzata di lunedì bisogna ricordare che la Basilica si sviluppa su quote diverse: la cripta è addirittura a 20 centimetri sotto il livello del mare, ma dagli anni ‘90 è stata impermeabilizzata. Poi c’è il nartece, che si allaga già a 65 centimetri, ma che entro la fine dell’anno sarà protetto con un sistema di pompaggio fino a 90 centimetri. Infine c’è il cuore della chiesa che solo cinque volte è stata toccato dall’acqua. Una delle cinque, quella di lunedì, quando con una marea a quota 156, l’acqua ha superato la paratoia sistemata da qualche anno tra il nartece e la cappella Zen, poi anche quella tra questa cappella e il Battistero. Tutto allagato. Un po’ d’acqua, stavolta, è entrata anche nella cripta dalla finestra, mentre nel corpo principale della chiesa ha lambito il pavimento di fronte all’altare della madonna Nicopeia, superando il portale.
MARMO IN POLVERE
Impossibile fermare l’avanzata della marea, con l’acqua che all’ingresso principale della Basilica e nei punti più bassi del nartece è rimasta a terra per 16 ore, arrivando ad un metro di altezza. E proprio qui, davanti alla porta San Clemente, ha lasciato un danno tangibile: il marmo verde del basamento di due colonne ridotto in polvere. E il verde è uno dei marmi rari, praticamente introvabile, tanto che la Procuratoria si è procurata una scorta per eventuali riparazioni.
Ma per un danno già evidente, tanti altri sono “in corso” e si manifesteranno magari tra qualche tempo. Un giro per il nartece è illuminante: le colonne portanti della porta interna di San Pietro sembrano sul punto di scoppiare, fasciate con cerchiatura in metallo del secolo scorso e in resina appena fatte; altre colonne ornamentali della porta centrale sono inscatolate perché il marmo verde sarà cambiato, la Soprintendenza ha già autorizzato la sostituzione.
MOSAICI IN MAGAZZINO
Un altro esempio è in cappella Zen. Il muro spoglio in mattoni fino a qualche tempo fa era coperto da un mosaico con gli stemmi della famiglia. La Procuratoria lo ha staccato e restaurato. Ma resta in laboratorio. Rimetterlo al loro posto, con l’acqua sempre in agguato, significherebbe condannarlo a un distacco tra pochi anni. Ed ecco lo sconforto dei procuratori. «Basta, bisogna intervenire per mettere all’asciutto San Marco - rincara Tesserin - Noi stiamo facendo i lavori per il nartece, ma servono fino a una certa quota. Per anni ci è stato promesso il Mose come soluzione. A questo punto va concluso e azionato al più presto. Così vedremo se funzionerà».
Roberta Brunetti
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Ultimo aggiornamento: 15:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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