Il reddito di cittadinanza è una misura nefasta ma almeno un terzo degli italiani l'ha votata

Domenica 28 Ottobre 2018
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Caro Direttore,
l'ostinazione di questo esecutivo di ritenere cardinale il rispetto delle promesse elettorali contro ogni parere controverso degli esperti in materia, è la conferma di una visione politica antitetica alle urgenze del paese. E nel frangente mi fa specie il puntiglio di Salvini nell'assecondare un provvedimento del M5s per altro spreco di denaro pubblico, quando ben altra dovrebbe essere la sua destinazione. Come priorità la situazione economica di un paese in difficoltà giustificherebbe qualche sacrificio per varare una politica industriale di sviluppo, che elargire sussidi per lusingare il consenso. Con un settore produttivo lacerato da continue perdite di aziende leader, e una contrazione del fatturato del 30%, qualche iniziativa per rimediarvi sarebbe accolta con maggiore condivisione. Il Pil non cresce con gli oboli a platee di presunti poveri, ma producendo in quantità proporzionale al fabbisogno. Per il momento non sono ancora stati inventati metodi per aggirare quel principio elementare, dove per ottenere qualcosa è indispensabile rimboccarsi le maniche.

Renzo Nalon
Dolo



Caro lettore,
tenere fede agli impegni elettorali è una virtù sconosciuta in Italia e perseguita invece con maggiore coerenza in altri Paesi come gli Stati Uniti. Quindi non mi sembra scorretto che i partiti che sono al governo facciamo tutto ciò che e' nelle loro possibilità per rispettare il patto stipulato con gli elettori al momento del voto. Il problema è un altro: oltre il 30 per cento degli italiani, cioè almeno un cittadino su tre, il 4 marzo ha votato un partito che aveva come cardine del proprio programma una riforma, il reddito di cittadinanza, che costa 10 miliardi. E sono risorse di pura spesa che non producono cioè ricchezza per il resto del Paese, tantomeno crescita. Non solo: probabilmente questa misura, che garantirà uno stipendio di 780 euro senza lavorare, avrà effetti distorsivi sul mercato dell'impiego perché spingerà a un rialzo dei salari senza peraltro far crescere la produttività. E non parliamo dell'aumento di lavoro nero che, soprattutto al Sud, verrà generato da un provvedimento assistenziale di questo genere. Insomma una riforma deleteria da molti punti di vista. Ma ripeto: un italiano su tre, e in alcune zone del Paese uno sue due, l'ha votata. Il dato è questo. Il voto non è necessariamente la sola base di riferimento in base alla quale un governo e una maggioranza assumono decisioni. Ma il responso elettorale e i programmi non possono neppure essere ignorati.
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