BOLZANO - La donna chiusa dall'ex compagno altoatesino, e suo datore di lavoro, in un cassone di mele lo scorso agosto in un frutteto di Sommacampagna, in provincia di Verona, sarebbe rimasta segregata per una notte, e non per 15 giorni come la stessa vittima aveva dichiarato: a questa conclusione è giunta la difesa, sulla base di una perizia commissionata al medico legale Gabriella Trenchi.
Il perito ha verificato la congruità tra quanto affermato dalla vittima della vicenda, la donna polacca di 44 anni, e quanto emerso dagli accertamenti clinici eseguiti all'ospedale di Villafranca dopo la sua liberazione. La donna aveva riferito alle forze dell'ordine di essere rimasta sequestrata nel cassone per due settimane e di aver ricevuto dai suoi sequestratori solo una mela al giorno e mezzo litro d'acqua. Infine, secondo la perizia della difesa, dalle fessure del cassone in plastica non può passare né una mela né una bottiglia d'acqua, come aveva raccontato la vittima.
La difesa chiederà ora di patteggiare la pena.
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