Caro Grillo, chi vuole cambiare un Paese deve rispettare i deboli e gli indifesi, non irriderli

Mercoledì 24 Ottobre 2018
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Caro direttore,
non ricordo nessun politico che sia sceso così in basso da offendere in pubblico una categoria svantaggiata come gli autistici e che, cosa ancor più grave, sia stato, come niente fosse, osannato dalla piazza. Non fa più scalpore nemmeno la notizia di una donna che in treno dà della negra ad una vicina di posto, munita di regolare prenotazione, pretendendo di farla allontanare. Come insegnante, per una vita ho cercato di trasmettere agli alunni i principi del rispetto e della convivenza democratica, ma temo che se non si porrà un limite all'imbarbarimento delle relazioni umane, questa società sarà destinata ad un ben triste futuro. Non potendo fare altro, mi limito ad offrire le mie scuse a tutte le persone ingiustamente offese dall'imperante maleducazione e disprezzo della sensibilità altrui.


Maria Teresa Mario

Cara lettrice,
qualcuno una volta ha scritto: «Attenti a quelli che cercano continuamente la folla. Da soli non sono nessuno». Forse è davvero così. Il fascino della piazza acclamante è spesso fatale per i politici. Per trascinare la folla si fanno loro trascinare nelle miserie della retorica di più infimo livello. Beppe Grillo, come altri prima di lui, non è sfuggito a questa regola. Lui, il grande istrione, è scivolato nell'offesa gratuita e la sua piazza l'ha seguito, plaudente. Osannante. Ma quella battuta sulle persone autistiche pronunciata domenica al Circo Massimo gronda di vergogna e di un livore che non sa fermarsi di fronte a niente e a nessuno. Il comico inventatosi leader inneggiando al vaffa, si è difeso dicendo che per quelli come lui la correttezza politica non esiste. Sarà. Ma da un uomo pubblico che vorrebbe cambiare un Paese, è lecito attendersi almeno un po' di rispetto. Se non degli avversari, almeno dei più deboli e degli indifesi.
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