Elezioni Baviera, proiezioni: crollo di Csu e Spd. Boom dei Verdi al 19%. Afd all'11%

Domenica 14 Ottobre 2018
Elezioni Baviera, proiezioni: Csu crolla al 35%, boom dei Verdi, Spd sotto il 10%
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Le urne provocano l'atteso terremoto in Baviera, dove i cristiano-sociali di Horst Seehofer perdono la maggioranza assoluta, crollando al 37,3%. Sfondano i Verdi, che diventano la seconda forza del Land, mentre è drammatico il tonfo per i socialdemocratici, spodestati proprio dagli ecologisti.

Anche nel sud della Germania infine avanza l'ultradestra, con l'ingresso nel parlamento regionale di Alternative fuer Deutschland, che conquista sì le due cifre ma non i risultati clamorosi che sperava. 
 


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Questo terremoto politico locale propagherà le sue onde anche a Berlino, e si temono effetti sulla politica federale. Per valutare la tenuta della Grosse Koalition occorrerà comunque aspettare le amministrative in Assia, il 28 ottobre, fra due domeniche. Persi sul terreno oltre 10 punti rispetto al 2013 (quando il partito svettava al 47,7%), Markus Soeder, candidato presidente della Csu, ha comunque rivendicato il diritto al governo: «Non è una giornata facile e abbiamo avuto un risultato doloroso. Ma una cosa è chiara: non solo siamo il partito più forte, ma abbiamo anche un chiaro mandato a governare».

Soeder ha anche annunciato di «voler parlare con tutti i partiti, ma non con l'Afd». Stando alle proiezioni pubblicate in serata da Ard, la Csu potrebbe formare un esecutivo con i Verdi, che trionfano col 17,8% (+9,2 rispetto al 2013), ma forse anche con i Freie Waehler, politicamente più affini e fra i vincitori della serata con l'11,6% (+2,6). L'analisi sul voto vede una linea bipartisan: a penalizzare i grandi partiti nazionalpopolari sono state «le liti a Berlino, lo stile sbagliato, i toni», come affermato dalla segretaria della Cdu Annegret Kramp-Karrembauer.

Opinione condivisa dai socialdemocratici di Andrea Nahles, sotto pressione dopo aver visto il consenso dimezzarsi e precipitare sotto la soglia psicologica del 10 (al 9,5%): «Si deve cambiare», ha detto facendo riferimento al clima bellicoso della Grosse Koalition. Lo stesso Soeder non ha fatto mistero di pensarla così. Gli sconfitti puntano il dito quindi, senza nominarlo, contro un evidente responsabile: il bellicoso Seehofer, che ha trascinato il governo ben due volte in crisi negli ultimi mesi, facendo perdere la faccia a tutti, a Monaco e a Berlino. Lui però, il ministro dell'Interno, non sembra disposto a mollare: «afflitto» dal risultato («quando c'ero io qui era diverso») Seehofer ha promesso che si tireranno «le necessarie conseguenze», ma ha anche affermato di voler «naturalmente portare avanti la sua responsabilità».

La morte politica di questo anziano leader, pronto a resistere, non si annuncia facile. E complicherà il dibattito anche nei prossimi giorni, in Germania. «Abbiamo raggiunto un risultato storico», la Baviera sceglie di puntare su «coraggio, fiducia, passione, chiedendo un governo che risolva i problemi invece di provocarli», ha esultato intanto la vera eroina di questa partita, quella Katharina Schulze che a 33 anni si afferma come astro nascente della politica dei Verdi. È chiaro che gli elettori «chiedono che non si vada avanti così», ha aggiunto il leader federale del partito Robert Habeck. Un'alleanza con la Csu, ampiamente possibile stando ai numeri, non è scontatissima, anche perché si sono già fatti avanti anche i Freie Waehler di Hubert Heiwanger, che pure potrebbero stare al governo (se le proiezioni confermeranno il trend emerso). «Chi ha votato per noi ha detto anche che Merkel deve andarsene. Liberate la strada per le nuove elezioni», ha sillabato dal canto suo la leader di Afd Alice Weidel. In Baviera l'ultradestra entra nel parlamento regionale con un esito a due cifre raggiungendo il 10,7%, ma non sfonda. E quindi i leader non esultano: «La concorrenza dei Freie Waehler è stata forte», ha ammesso Meuthen. In bilico i liberali di Christian Lindner dati per ora al 5% (+1,7), mentre restano ancora una volta fuori quelli della Linke.

In Italia intanto i partiti leggono i risultati con lenti diverse. Per Matteo Salvini, «in Baviera ha vinto il cambiamento e ha perso l'Unione europea»: «Sconfitta storica per democristiani e socialisti, mentre entrano in tanti, e per la prima volta nel Parlamento regionale, gli amici di Afd. Arrivederci Merkel, Schultz e Juncker», scrive in una nota. «Comunque bello vedere i Verdi prendere quasi il doppio dei voti della destra sovranista. Un messaggio anche per noi», twitta invece l'ex premier Pd Paolo Gentiloni. «La Baviera dà una conferma: dobbiamo avere il coraggio di dire che la social-democrazia tradizionale è morta. E che dobbiamo trovare nuove vie alternative per vincere la sfida contro la conservazione e il neonazionalismo», è la sintesi di Sandro Gozi.


La Baviera è il Land più esteso della Germania (tre volte la Lombardia), il più ricco, il più cattolico, il più antico, probabilmente il più bello e, sicuramente, il più orgoglioso. Una popolazione di 13 milioni (seconda solo al Nord-Reno-Vestfalia) di cui 9,5 oggi chiamati alle urne, il migliore sistema educativo, e il tasso più basso di disoccupazione fra i 16 Länder (2,7%): la Baviera è l'eccezione tedesca. È uno Stato nello Stato, non a caso il suo nome è Freistaat Bayern, Libero Stato della Baviera, ciò che le ha sempre conferito uno status speciale negli equilibri della Bundesrepublik.

L'Unione cristiano sociale (Csu), è quasi sempre stata nel governo federale, a Bonn o a Berlino, in tandem con l'Unione cristiano democratica (Cdu) con cui forma dal 1949 un solo gruppo parlamentare al Bundestag (Cdu-Csu). Una storia di successo cui è mancato finora solo il coronamento di un cancelliere. Per 70 anni la Csu ha governato nel Land da sola con la maggioranza assoluta (salvo una volta) e consensi stratosferici. Un regime di assolutismo più o meno illuminato e un potere patriarcale con accento sul sociale. Campalinismo colorato di una certa rivalità con Berlino simbolo della detestata Prussia.

Il paese ha generato grandi figli come Dürer, Richard Strauss, Brecht, l'imperatrice Sissi, Papa Ratzinger e von Stauffenberg, l'attentatore di Hitler. Prima che tedesco, il bavarese si sente bavarese, e a questo principio si sono sempre orientati i politici nel governo federale, compreso, e soprattutto, il ministro degli interni Horst Seehofer che in un anno dall'insediamento ha scatenato due crisi di governo nella presunzione di fare gli interessi della Csu, e della sua immagine. Molte le metafore usate per lo stile di vita e il successo della Baviera, ma tutte insufficienti a spiegare cosa sia il sentimento bavarese, fatto anche di quella leggerezza cattolica in contrasto con il severo luteranesimo del Nord. Laptop und Lederhose, portatile e calzoncini di pelle, è stata a lungo una di queste ma è diventata obsoleta. Fatto è che da regione povera e agricola, la Baviera è diventata un modello industriale in tecnologia, ricerca istruzione, start-up. Una specie di Silicon Valley, o meglio Isar Valley. Bmw, Siemens, Audi, Allianz, Media Saturn, tutti global player con sede in Baviera.

Negli ultimi tempi però l'iconografia si è scollata, la narrativa è cambiata: la società è meno strutturata, più aperta e poliedrica, l'elettore più critico, la migrazione e l'integrazione l'hanno modificata e resa più eterogenea, l'egemonia Csu vacilla. Dalle urne si attende una batosta storica per i cristiano sociali. La perdita della maggioranza assoluta pare scontata. Le ricette di Seehofer e del governatore Markus Söder hanno fallito l'obbiettivo, la Baviera ha cambiato strada. La linea dura sulla migrazione imboccata nella speranza di fermare l'avanzata populista AfD non ha funzionato. Espressioni come turismo dell'asilo, anti-industria delle espulsioni, o l'obbligo del crocefisso nei luoghi pubblici proposto dal protestante Söder (bocciato pure dalla Chiesa), il Master-Plan Migration e i respingimenti dei migranti secondari non hanno funzionato. Molti elettori hanno voltato le spalle alla Csu virata a destra. 

Ultimo aggiornamento: 16 Ottobre, 10:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA