A Riace non ci sarà nessun trasferimento obbligatorio: i migranti si muoveranno solo su base volontaria, e quelli che decideranno di restare usciranno però dal circuito dell'accoglienza. È questo il meccanismo che scatta quando un progetto Sprar deve chiudere, sottolinea una nota del Viminale che a fine giornata interviene dopo le polemiche che non si placano sullo smantellamento del 'modellò Riace.
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Il suo è ormai un caso politico. Susanna Camusso, leader Cgil, punta il dito contro Salvini per «un atto disumano di dubbia legalità». Carla Nespolo, presidente Anpi, chiede a M5S di «non voltarsi dall'altra parte e fermare Salvini». Laura Boldrini e Nicola Fratoianni, LeU, ricordano i guai legali della Lega e ritengono «poco credibile» che a parlare di «gestione irregolare di fondi pubblici» sia chi «deve restituire 49 milioni».
Nicola Zingaretti, candidato alla guida del Pd, definisce «un atto immondo, quello di Salvini». E il segretario attuale, Maurizio Martina, lancia un appello per una manifestazione antirazzista. Ma il leader leghista e ministro dell'Interno manda a dire «a quelli del Pd, che parlano di 'deportazionì», che «l'indagine sulle gravi irregolarità di Riace erano state avviate da Minniti, mio predecessore al Viminale e oggi possibile segretario del loro partito». Di fatto le ispezioni sono partite nel 2016. Ma la nuova miccia è la circolare del ministero che, sulla base di «gravi anomalie» nella gestione dello Sprar, chiede ora tutti i conti e il trasferimento dei migranti. L'atto smonta il «modello Riace». Tra i rilievi, la presenza di non aventi diritto, l'uso improprio dei pocket money, case in condizioni igieniche precarie.
«Non è vero niente», solo «denigrazione» e i migranti «non se ne andranno, hanno bimbi piccoli e nessun posto dove andare», replica Lucano che ha ricevuto i cronisti a casa. Nel paese sono 80 gli stranieri a carico dello Sprar (altre decine afferiscono al Cas, centro di accoglienza straordinaria). L'atmosfera è di sconforto: «Non vogliamo andare via», dicono. Cosa succederà a queste persone? Daniela Di Capua, direttrice del Servizio Centrale Sprar, assicura che «non ci sarà alcuna deportazione. Non è il primo caso del genere. Il trasferimento viene proposto e non imposto ai migranti».
Questo si traduce in una serie di colloqui che operatori del Comune dovranno fare con loro per capire se vogliono restare o uscire dal progetto Sprar. Nel primo caso, si è destinati a un altro Sprar; nel secondo, si esce dal progetto e dai relativi finanziamenti, ma «richiedenti asilo e rifugiati sono liberi di stare dove vogliono, affittare casa, lavorare; se non sono in grado, stanno nei centri per richiedenti asilo», dice Di Capua. «A Riace - aggiunge - i colloqui coi migranti non inizieranno né domani, né dopodomani e comunque non prima di aver trovato soluzioni alternative. Di solito le cerchiamo negli Sprar vicini, dipende dalla disponibilità: in Calabria ce ne sono oltre 100».
Nel frattempo, la circolare del Viminale potrebbe finire di fronte al Tar ed essere sospesa. Punta in prima battuta a questo il ricorso che il Comune depositerà nei prossimi giorni. «Abbiamo molte ragioni di impugnazione: il 'modello Riacè risale al 2002. È sorprendente che, dopo 16 anni, venga attaccato come fallimentare», osserva Gianfranco Schiavone, consulente del Comune e vicepresidente dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione. Se accolta, la sospensiva bloccherà temporaneamente l'efficacia della circolare, in attesa che i giudici si pronuncino nel merito, ma quasi certamente non avrà effetto sul blocco dei finanziamenti, disposto già due anni fa quando Lucano finì sotto indagine.