Malattia di Lyme, è allarme. Centinaia di pazienti in Friuli Venezia Giulia

Lunedì 8 Ottobre 2018 di Lisa Zancaner
Malattia di Lyme, è allarme. Centinaia di pazienti in Friuli Venezia Giulia
4
UDINE La malattia di Lyme è diffusissima in Friuli Venezia Giulia con centinaia di casi, basti pensare che il primo isolamento italiano del germe responsabile è avvenuto a Trieste nel 1987. Sebbene sia considerata una malattia rara, la nostra regione fa eccezione, assieme a Liguria e provincia autonoma di Trento. Attualmente alla clinica udinese è ricoverato un paziente con meningite da Lyme e sono circa un paio al mese i casi che arrivano «con forme invasive del cervello o delle articolazioni, ma sono una minoranza rispetto ai casi in forma iniziale che è molto blanda», spiega l'infettivologo Matteo Bassetti. Provocata dal batterio Borrelia burgdorferi, la malattia è veicolata dalla puntura delle zecche. La diffusione in Friuli Venezia Giulia è legata alla conformazione geografica, alla presenza di montagne, boschi, agricoltura e tanti animali selvatici. Il tutto contribuisce a rendere il Fvg l'habitat perfetto per la zecca e quindi anche per la Borrelia che può colonizzare queste zecche. Essendo rara, almeno nel  resto d'Italia, rientra nell'elenco di malattie gestite nella rete di malattie rare e Udine ne è centro di riferimento regionale. «A breve sarà pronto il percorso diagnostico terapeutico assistenziale per la Lyme - spiega il direttore della clinica di malattie infettive dell'Azienda sanitaria universitaria integrata di Udine, Matteo Bassetti e responsabile del centro di riferimento e coinvolgerà anche l'associazione dei malati che saranno convocati per condividere questo percorso con l'obiettivo di adottare comportamenti comuni in tutte le strutture e mettere ordine secondo un principio di evidenza scientifica». In Italia si contano circa mille casi all'anno, ma molti casi sono lievi e quindi non vengono notificati. «I dati sono sottostimati conferma Bassetti in futuro, grazie alla rete regionale, avremo anche una mappatura sui casi che in regione sono centinaia». La maggior parte, tra il 70 e l'80% viene gestita direttamente dal medico di base, trattandosi di una malattia che può dare sintomi molto diversi, da quadri assolutamente non problematici come avviene nella maggior parte dei casi. Al centro di riferimento vengono visti 2,3 casi alla settimana, dunque un centinaio all'anno. Le aree più interessate sono Basovizza nell'area triestina, la Pedemontana nel pordenonese, il Carso goriziano e la pianura friulana. Il picco massimo si registra naturalmente d'estate tra luglio e agosto, ma la zecca può colpire anche in altre stagioni. La malattia di Lyme è chiamata la grande simulatrice nelle sue manifestazioni neurologiche che possono presentare sintomi che sul piano clinico assomigliano a diverse affezioni neurologiche di altra natura e, se nella maggior parte dei casi si ha una macchia rossa chiamata eritema migrante per cui basta seguire una terapia antibiotica, nei casi più complicati o con diagnosi tardiva si possono sviluppare disturbi neurologici come meningiti, polineuriti fino alle fasi più avanzate con alterazioni importanti a carico dei muscoli, del cervello con encefalite e del cuore con cardiomegalie. I casi più gravi, però, sono anche i più rari e negli ultimi anni in regione non si sono verificati casi con esito letale. A differenza della Tbe, la meningoencefalite trasmessa dal morso della zecca che si può prevenire con un vaccino, non esiste una prevenzione altrettanto efficace per la Lyme se non alcune buone regole da seguire, come indossare vestiti pesanti soprattutto se si frequentano zone particolarmente infestate da questo parassita e controllare pelle e capelli una volta rientrati a casa. Esistono anche repellenti chimici, ma che risultano moderatamente efficaci. Nel caso in cui ci si dovesse accorgere della presenza di una zecca «non si va a intasare il pronto soccorso tiene a precisare Bassetti basta usare le apposite pinzette per rimuoverla. Se nell'arco di 7, 14 giorni dovesse insorgere l'eritema migrante, il medico di medicina generale può prescrivere una terapia antibiotica», ma è il medico a stabilirlo. Antibiotico, «solo se si presentano i sintomi», precisa l'esperto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci