La manovra è inadeguata non perché non piace all'Europa, ma perché non punta sulla crescita dell'Italia

Venerdì 5 Ottobre 2018
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Egregio direttore, 
quando un governo prepara una manovra in deficit, sa che deve chiedere i soldi agli investitori. Dire me ne frego dello spread (Salvini ),cioè del tasso di interesse che si deve pagare, significa non aver capito il problema. Quando la quasi totalità degli economisti italiani ed esteri critica la manovra, i mercati e l'Europa la bocciano, un politico responsabile deve riflettere su come modificarla e non sostenere che andrà avanti comunque (Salvini, Di Maio), mettendo a rischio il futuro dell'Italia. I politici al governo devono risolvere i problemi, compatibilmente con le risorse a disposizione, non crearne di nuovi : aumento dello spread, conflitto con l'Europa, abbassamento del rating.


Tiziano Premaor
Moriago della Battaglia (TV)



Caro lettore, 
proverei a considerare le cose da un punto di vista diverso. Una manovra economica può essere anche osteggiata dall'Europa, invisa agli economisti e giudicata con freddezza dai mercati. Non per questo è necessariamente sbagliata o da rifare. In tutti questi anni abbiamo approvato politiche di bilancio che hanno ottenuto il bollino di Bruxelles, ma non mi sembra che il Paese, la sua economia, le famiglie e le imprese ne abbiano ottenuto grandi vantaggi. Anzi. La domanda da porsi è dunque forse un'altra: aldilà di ciò che pensa il commissario europeo Moscovici o delle evoluzioni dello spread, la manovra in discussione va nella direzione della crescita e del benessere dell'Italia? Vorrei essere smentito, ma temo di no. Il Documento di politica economico-finanziaria (Def in termine tecnico) che il governo sta per varare è centrato sulla redistribuzione di risorse, non sulla loro creazione. Dedica ampio spazio alla spesa e molto poco agli investimenti. Per larga parte è costituito infatti dalla sommatoria di due delle principali promesse elettorali di Lega e M5s, reddito e riforma pensionistica, con spazio per poco altro. Il reddito di cittadinanza, da solo, rappresenta un terzo della manovra (10 miliardi) e si tratta di una riforma chiaramente improduttiva, che cioè non contribuirà a creare ricchezza e crescita. Mentre la pressione fiscale è rimasta pressoché intatta. Oltretutto, se non verrà modificata, la manovra è anche geograficamente strabica, perché favorisce il Sud rispetto al Nord, senza però riequilibrarne le differenze, ma accentuandone le distanze in senso assistenzialistico. Per capirlo basta considerare questi dati. A un territorio come il Nordest che rappresenta il 10% della popolazione italiana andrà solo il 2-3% dei soldi stanziati per il reddito di cittadinanza. E non diversamente accadrà per la Lombardia. Da un esecutivo che si è presentato come il governo del cambiamento era francamente lecito attendersi qualcosa di più e di diverso. Almeno che sforasse il deficit e andasse allo scontro con la Ue per creare lavoro, non solo per sovvenzionare chi non lavora.
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