SANTA LUCIA DI PIAVE - Le ricette scritte in lingua veneta da Riccardo Szumski, sindaco-medico di famiglia di Santa Lucia di Piave, finiscono sotto la lente dell'Ordine dei medici di Treviso. L'organo di autogoverno dei camici bianchi per ora non ha aperto alcun procedimento. E non si muove d'ufficio. Ma nella sede di via Cittadella della salute stanno vigilando sull'inedita iniziativa. «Non ci sono giunte lamentele per le ricette scritte in dialetto fa il punto Luigino Guarini, presidente dell'Ordine Se arriveranno prenderemo in considerazione il fatto analizzandolo dal punto di vista deontologico. Bisogna sempre ricordare che l'Ordine tutela la salute dei cittadini. Non si occupa di altro». Le prescrizioni dei farmaci in dialetto, anzi, in lingua veneta, come specifica lo stesso Szumski, hanno subito attirato l'attenzione degli addetti ai lavori. «È una cavolata taglia corto Brunello Gorini, segretario della Fimmg di Treviso, la federazione dei medici di famiglia noi medici parliamo in inglese e in francese quando ci troviamo davanti pazienti stranieri. Con i cinesi utilizziamo una tabella. Evidentemente lui ha anche pazienti veneti che non capiscono l'italiano».
A livello contrattuale pare non ci sia nulla che vieti di compilare le ricette in dialetto. I medici di base sono convenzionati con l'Usl della Marca. E al momento l'azienda sanitaria non ha contattato Szumski per chiedere spiegazioni. È lui stesso a fare chiarezza a riguardo. «Non mi risulta che sia obbligatorio scrivere le prescrizioni in italiano», mette in chiaro. Per questo continuerà a usare la lingua veneta, quando lo riterrà necessario. «Se i pazienti mi parlano in italiano prescrivo i farmaci in italiano. Con quelli che mi parlano in lingua veneta, invece, uso la lingua veneta specifica il sindaco-medico ci tengo a sottolineare, però, che il principio attivo e i dosaggi sono sempre indicati come previsto».
Da dove nasce questa iniziativa, che alcuni colleghi medici bollano solo come un tentativo di mettersi in mostra? «Nasce dal fatto che con il 90% dei miei oltre 1.500 assistiti parlo in veneto in ambulatorio. E allora non vedo perché non dovrei fare anche le prescrizioni in lingua veneta spiega Szusmki sono cose concrete. Se alla signora Maria di 90 anni dico che deve prendere un farmaco a giorni alterni, mi chiede cosa vuol dire. Mentre se le dico un dì sì e un dì no non ci sono problemi. Tra l'altro molte volte mi sono ritrovato a dover tradurre in veneto le lettere di dimissione dall'ospedale perché i diretti interessati non capivano cosa avevano avuto».
E le polemiche? «Non ho bisogno di mettermi in mostra. Ognuno pensi prima a se stesso conclude da anni scrivo le indicazioni per i pazienti in veneto. Adesso faccio anche le ricette. Se un farmacista non dovesse capire, basta che mi telefoni: sono pronto a tradurre».
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