Morto dopo la visita al Pronto soccorso: la moglie e i parenti nemmeno avvisati

Mercoledì 26 Settembre 2018 di Giacinta Gimma
Il Pronto soccorso dell'ospedale dell'Angelo a Mestre
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MESTRE -   tornata a casa alle otto del mattino di domenica, dopo il lavoro, e non ha trovato il marito. Sono cominciate così le ore di angoscia per Domnica Serotila, la moglie di Daniele Rizzardini, 66enne di Marghera, morto nella notte tra sabato e domenica ad una ventina di metri di distanza dall’ingresso del pronto soccorso dell’ospedale dell’Angelo, dopo essere stato dimesso dai medici.  re trascorse nella ricerca del marito: «Ho pensato subito di raggiungere l’ospedale. Sono arrivata a Zelarino, in autobus, verso le nove. Continuavo a chiamarlo al suo telefono cellulare che suonava a vuoto. Arrivata lì, davanti all’ingresso dell’ospedale - racconta - un uomo ha risposto alla mia telefonata. Stavo per tirare un sospiro di sollievo, sperando che fosse Daniele, in realtà, si trattava  di un passante che aveva appena ritrovato il telefono, a pochi metri dall’ingresso del pronto soccorso. Era stato richiamato dalla suoneria che riproduceva il miagolio di un gatto. Ci siamo incontrati e mi ha consegnato il telefono. Quindi - continua Domnica - mi sono rivolta all’ospedale sicura che Daniele fosse in un reparto e che lo stessero visitando. In realtà, mi hanno detto che non risultava nessun accesso al pronto soccorso quella mattina, ma che ne risultava uno la sera precedente. Era arrivato sabato, portato in ambulanza che lo aveva soccorso nel pomeriggio quando si era sentito poco bene mentre era in giro a Marghera. Al pronto soccorso, risultava che Daniele era stato dimesso alle 23.45 di sabato sera. Non so se i medici avessero detto che poteva andare o se avesse firmato lui per richiedere di andar via. Lui, comunque, avrà pensato di tornare da solo a Marghera, prendendo un autobus: non voleva mai essere di peso a nessuno. Invece, una volta uscito dal pronto soccorso, si sarà sentito male». Sta di fatto che domenica mattina, a seguito dell’intervento della Polizia, è stato possibile accertare che Rizzardini era morto all’esterno del pronto soccorso e che il cadavere era stato portato all’obitorio. E nessuno aveva avvisato la famiglia di quanto accaduto, nonostante l’uomo avesse con sè i documenti.
L’INCHIESTA Dal referto del Pronto soccorso dell’ospedale di Mestre non risulta che sia stato Daniele Rizzardini a chiedere di essere dimesso e rimandato a casa dopo essere stato visitato e sottoposto ad alcuni esami nella notte tra sabato e domenica. Il documento stilato dal medico che ha preso in carico il paziente si conclude con un generico “invio al medico curante”, senza alcun richiamo ad una eventuale richiesta del paziente di voler tornare a casa.
In una nota diramata lunedì dall’ufficio stampa dell’Ulss Serenissima è stato invece dichiarato che è stato Rizzardini «nonostante la proposta dei medici di un ulteriore periodo di osservazione, a chiedere di essere dimesso», dopo che «le visite e gli esami eseguiti – compresa la Tac e la valutazione neurologica – non avevano evidenziato elementi di urgenza». 
Il sostituto procuratore che sta indagando sull’episodio, Stefano Buccini, affiderà domani al dottor Antonello Cirnelli l’incarico di eseguire l’autopsia per accertare le cause del decesso, ma anche per capire se un tempestivo intervento dei sanitari avrebbe potuto evitare la morte dell’uomo. Con molte probabilità il magistrato cercherà anche di chiarire la questione relativa a chi ha deciso di dimettere il paziente, rimandandolo a casa. La Procura ha iscritto sul registro degli indagati il medico del Pronto soccorso: un atto dovuto, hanno precisato gli inquirenti, per consentirgli di partecipare all’autopsia con un esperto di propria fiducia e potersi difendere nel caso in cui dovessero emergere responsabilità.
Personaggio eclettico e colto, Rizzardini, originario di Venezia, aveva raggiunto da giovane la Gran Bretagna e vi aveva abitato per anni salvo poi tornare in Italia, in Toscana dove si era occupato di gestione di alberghi e, per vent‘anni, di quello che lui considerava un suo figlio, Borgo Pretale a venti chilometri da Siena, che aveva trasformato in un hotel di prestigio. Amava leggere - la biblioteca di Marghera era la sua seconda casa - e adorava la fotografia che diventa arte. Otto anni fa, il ritorno a Marghera dove viveva con la moglie, di origine moldava, sposata 12 anni fa.
 

Ultimo aggiornamento: 27 Settembre, 08:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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