La libertà di stampa non si difende minacciando i giornali "colpevoli" di criticare chi è al potere

Martedì 18 Settembre 2018
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Egregio direttore,
il nostro beneamato presidente Mattarella ribadisce che ci deve essere libertà di stampa quando lo sappiamo bene che libertà di stampa vuol dire prendere soldi pubblici, essere a libro paga di qualcuno e scrivere tante falsità. Lei lo sa bene, vero? Ps: a scanso di equivoci vorrei precisare che scrivo in generale, senza alcun riferimento particolare. Comunque: viva la libertà.


Ivan Favarel

Caro lettore,
io so bene alcune cose che volentieri cercherò di spiegarle.
A costo di apparire un po' noioso ribadisco per l'ennesima volta che, per quanto ci riguarda (ma lo stesso vale per la gran parte dei quotidiani italiani), non riceviamo alcuna sovvenzione pubblica: le nostre entrate sono rappresentate dalle vendite in edicola, dagli abbonamenti digitali e dalla pubblicità raccolta. Le eventuali perdite di gestione sono ripianate dall'editore, non da qualche ente benefico. L'unico libro paga che conosco è quello della casa editrice per cui lavoro: non ricevo soldi da nessun altro e non accetto neppure compensi quando sono richiesto a moderare convegni, a presentare libri o altro. Non so infine a cosa esattamente lei si riferisca quando parla di falsità: certamente nel fare il nostro lavoro commettiamo errori, ma quando ciò accade cerchiamo di dare conto ai lettori della corretta versione dei fatti. Se però lei è a conoscenza di notizie non veritiere che abbiamo pubblicato, la pregherei di segnalarcele. Non saranno ignorate. Quanto alle parole del Presidente della Repubblica, sono personalmente grato a Sergio Mattarella per ciò che ha detto. Viviamo tempi strani, in cui le critiche vengono da alcuni vissuti come atti di lesa maestà e in cui la classe politica - non mi riferisco solo a quella attuale - sembra non resistere alla tentazione di imporre qualche bavaglio ai mezzi di comunicazione. Purtroppo in molti ritengono che la stampa libera e obiettiva sia solo quella che la pensa come loro. O che non disturba il manovratore di turno. Così di fronte a qualche sondaggio meno brillante del previsto o a qualche scivolone finito sui giornali, si minacciano ritorsioni economiche o normative nei confronti di stampa e tv. Un atteggiamento che oltre a rivelare un'idea un po' confusa di libertà, confonde spesso causa con effetto. Perché se, per esempio, un ministro dimostra di non sapere a quale regione appartiene una certa città, il problema non è della stampa o delle tv che ne parlano, ma del ministro che ha una conoscenza quantomeno incerta della geografia italiana.
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