Nevegal, addio allo sci: chiudono gli impianti della montagna dei veneti

Venerdì 14 Settembre 2018 di Damiano Tormen
Nevegal, addio allo sci: chiudono gli impianti della montagna dei veneti
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BELLUNO -  Tutti i salmi finiscono in gloria? Evidentemente il Nevegal non è un salmo, perché la montagna di Belluno finisce e basta. Altro che gloria: solo un cartello con la scritta «chiuso». È il rischio, più che concreto, che sta tenendo sotto scacco il Colle dei bellunesi. Seggiovia e skilift fermi. Piste vuote. Addio sciate. E probabilmente, addio Nevegal. Perché è ovvio che saltare una stagione invernale significherebbe chiudere per sempre la skiarea della città dolomitica. Le alternative sono poche. Nulle, a dirla tutta: la società Alpe del Nevegal, proprietaria degli impianti, getta la spugna; dopo annate ben poco nevose e assai dispendiose, e appelli caduti nel vuoto, sembra arrivato davvero il capolinea.

Possibile per una stazione sciistica baciata dal sole e dalla geografia? Il Nevegal difatti si trova a 10 chilometri dal centro storico di Belluno, incastonato tra quota 1.000 e 1.700 metri. Una manciata di tornanti e di minuti di macchina dalla città, una manciata di chilometri dall'uscita dell'autostrada. Di fatto, il Colle dei bellunesi è la prima montagna che vedono i trevigiani e i veneziani quando salgono dalla pianura, la prima stazione in cui imparano a muovere i primi passi con gli sci ai piedi. È stato così per anni, fin dall'immediato Dopoguerra, quando il Nevegal cominciò a emettere i primi vagiti come stazione invernale. 

GLI ALBORI Il primo impianto di risalita venne inaugurato nel 1955 e collegava la zona dell'attuale Piazzale al Col Faverghera. Gli sciatori c'erano già da prima, da quando venne aperto il rifugio Bristot (proprio in cima al Faverghera): risalivano a piedi le pendenze della montagna, sci in spalla, per poi lanciarsi in discesa. Per il boom bisogna aspettare. Ma neanche troppo, visto che negli anni Settanta il Colle bellunese contava ben 20 piste da discesa e 15 impianti di risalita (2 seggiovie e 13 skilift). Altri anni, si dirà. Certo, era il periodo d'oro di Gustav Thoeni e della Valanga azzurra e lo sci andava davvero forte. Talmente forte che il Nevegal cominciò ad ingrandirsi attorno al carosello bianco e a vedere la prima urbanizzazione. All'inizio degli anni Ottanta molti bellunesi si costruirono la seconda casa sul Colle, diventato una sorta di posto al sole per il fine settimana. 

LE UNIVERSIADI I fuochi d'artificio, però, arrivarono nel 1985. Basta la parola: Universiadi. Il Nevegal ospitò le Olimpiadi universitarie nel mese di febbraio. «Una grandissima manifestazione che portò atleti, staff e semplici appassionati a scoprire il Colle» spiega Ivan Ducapa, storico maestro di sci del Nevegal e curatore di un libro sulla storia del Colle, di prossima pubblicazione.

GLI ANNI D'ORO Tra gli anni Ottanta e Novanta in Nevegal sciavano nomi del calibro di Daniela Zini (vincitrice di un bronzo ai Mondiali e di alcuni slalom in Coppa del Mondo) e di Blanca Fernandez Ochoa (bronzo nello slalom alle Olimpiadi 1992 ad Albertville). E anche Deborah Compagnoni ha bagnato più volte gli sci sul Colle bellunese. Furono quelli gli anni d'oro. Inverni memorabili e piste prese d'assalto. Estati di via vai turistico che neanche Jesolo e Milano Marittima. Erano gli anni in cui il Nevegal fantasticava su nuove seggiovie dal Fadalto. E in cui il Colle vide aumentare a dismisura le seconde case, soprattutto di trevigiani e veneziani.

IL DECLINO Oggi quelle case sono ancora lì. Per lo più vuote e sottoutilizzate. Il valore immobiliare? In costante ribasso. Perché il Nevegal è entrato in un periodo di declino. Le domeniche invernali di traffico paralizzato a scendere dai tornanti del Colle sono lontane. I servizi sono andati via via assottigliandosi e oggi è difficile anche solo fare la spesa in alta stagione (impossibile nei mesi autunnali e primaverili). Il motivo? Più d'uno, sicuramente. La quota di media montagna non garantisce inverni sempre bianchi. Lo sci, come pratica sportiva, ha avuto alti e bassi. E le altre stazioni sciistiche hanno superato il Colle sul fronte degli impianti. La vecchia società comunale che gestiva la skiarea è fallita nel 2012 ed è stata rilevata nel settembre 2013 dall'attuale società Alpe del Nevegal. Che però fatica. A tal punto da aver dato l'ultimatum: o arriva un progetto a lungo termine in cui gli sforzi economici sono condivisi anche da altri soggetti (Comune in primis), oppure si chiude.

L'AGONIA Eccola la situazione attuale del Nevegal: un Colle dal passato brillante e dal futuro quanto mai incerto. Il presente è un'agonia che va avanti ormai da qualche anno. Da quando cioè l'Alpe ha lanciato il primo allarme. «Servono prospettive stabili per andare avanti - dice Piero Casagrande, amministratore delegato della società -. Al momento, non ci sono. Lo avevamo detto un anno fa, e poi eravamo riusciti ad aprire lo stesso. Adesso però non ci sono più le condizioni». Il termine ultimo è fissato al 30 settembre. Si può cambiare il mondo in 15 giorni? «Noi cercheremo di fare il massimo - dice Casagrande - Vediamo quali risposte arriveranno».

    
Ultimo aggiornamento: 15 Settembre, 18:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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