E il broker arrestato ordinò: «Brucia le carte dei clienti»

Giovedì 13 Settembre 2018 di Davide Tamiello
E il broker arrestato ordinò: «Brucia le carte dei clienti»

PORTOGRUARO - Il piano era distruggere le prove dell'esistenza di quella montagna di contratti, sottoscritti con i vari investitori, prima di sottoporsi all'interrogatorio del pubblico ministero. Fabio Gaiatto, però, il broker di Portogruaro (Venezia) accusato di aver raggirato con il suo sistema di trading oltre tremila clienti, ha commesso il più banale degli errori: fidarsi.

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La collaboratrice a cui aveva dato quel delicatissimo incarico, infatti, ha deciso di ignorare l'ordine e di portare quei documenti direttamente alla guardia di Finanza. La data è importante: 20 aprile 2018. La donna, in quei giorni, si presenta alle fiamme gialle con dodici faldoni. Ai militari racconta che il 43enne, ora in carcere come disposto dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip friulano  Rodolfo Piccin per associazione a delinquere, truffa aggravata, abusivismo finanziario e autoriciclaggio, le aveva ordinato di bruciarli. In quei plichi ci sono i documenti che attestano la stesura dei contratti con i clienti: il classico materiale che scotta, soprattutto in previsione di un faccia a faccia con il sostituto procuratore titolare dell'inchiesta, Monica Carraturo (poi avvenuto il 27 aprile). Quelle carte di cui l'uomo voleva disfarsi, quindi, sono finite proprio sulla scrivania di chi, nelle sue previsioni, non avrebbe mai dovuto vederle. 
METODO MALAVITOSOI metodi di Gaiatto erano arrivati a un limite pericoloso. Soprattutto quando si è sentito passare dall'altra parte della barricata: da dominus a raggirato. Tanto che lui, in procura, si era presentato spontaneamente, con il suo avvocato, per raccontare di quei collaboratori che erano riusciti a soffiargli 32 milioni di euro. È lui, sempre nel corso di quell'interrogatorio del 27 aprile, a raccontare al pm di essersi affidato a qualche personaggio poco raccomandabile per provare a riottenere parte del malloppo. Da un paio di questi presunti collaboratori infedeli si sarebbe presentato infatti con un uomo che si diceva vicino al clan dei Casalesi. «I soldi sono della famiglia». Che sia vero o meno lo approfondiranno gli inquirenti nella seconda fase dell'inchiesta. Quello che conta è che con questo stratagemma, Gaiatto era riuscito a terrorizzare il suo interlocutore. «Grazie a questo incontro riuscii a ottenere indietro un terreno, poi passato allo studio Holding e tre vetture che erano mie, tra cui due Range Rover e una Mercedes». Il problema, ha raccontato Gaiatto, era che l'addetto al recupero crediti voleva essere pagato. «Spaventato, gli ho versato 110mila euro, somma che era circa il 10% di ciò che avevo ottenuto indietro. I soldi glieli ho dati in contanti facendomeli prestare da un amico. Amico a cui, ora sto restituendo il denaro un po' alla volta». Non era, comunque, la prima volta che il promotore finanziario si affidava a dei sedicenti malavitosi: con altri ex collaboratori di Gaiatto, infatti, erano andati meno per il sottile, passando direttamente alle minacce di morte. 
FINTI BONIFICIPur di calmare gli animi inferociti degli investitori che avevano perso i loro risparmi, il 43enne mandava degli screenshot di bonifici. Operazioni bancarie, però, che in realtà non erano mai avvenute. «Mi inviò la foto presa da un video che ritraeva il suo computer, con un trasferimento effettuato di 10mila euro - ha raccontato agli investigatori una delle vittime - ovviamente, però, quei soldi non sono mai arrivati». Gaiatto prometteva grandi profitti con rischi minimi, e il gioco era semplice: attraverso il suo sito della Venice Investment Group ogni cliente apriva poi un account di brokeraggio ottenendo le credenziali d'accesso. A quel punto venivano indicate come banche depositarie, dove effettuare i versamenti tramite bonifico sepa, istituti di credito con sede in Slovenia, Ungheria e in alcuni casi anche in Italia. Accedendo all'area riservata era possibile visualizzare i propri versamenti con aggiornamento quotidiano dei rendimenti che si presentavano sempre costanti e, chiaramente, positivi. Quel che non si vedeva, però, erano le effettive operazioni di trading, ovvero in quali strumenti finanziari tali operazioni venissero aperte e chiuse. 
PROCACCIATORIOltre alla moglie, la 31enne Najima Romani, ora ai domiciliari nella villa di Portovecchio, gli indagati sono 15.

Principalmente procacciatori di investitori, tra cui anche la veneziana Claudia Trevisan, in passato anche candidata sindaca a Fossalta di Portogruaro (Venezia). Perché Gaiatto, i suoi squali li pagava bene: un compenso del 5% sui capitali investiti. In tutto gli uomini del Wolf of wall street del Lemene erano riusciti ad arrivare a 777 clienti, per un totale di oltre 14,5 milioni di euro di capitali investiti che avevano portato a 2,3 milioni di provvigioni. 

Ultimo aggiornamento: 21:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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