Furti prescritti, la banda albanese è libera. Investì un carabiniere

Lunedì 3 Settembre 2018 di Roberto Ortolan
il brigadiere Maurizio Biasini
39
TREVISO - È diventata definitiva la condanna inflitta all'albanese che si trovava al volante dell'auto, e ai due complici fuggiti a piedi che, il 20 febbraio 2015, per sfuggire ai carabinieri che li avevano sorpresi nel proprio covo, investì e fracassò la gamba al brigadiere Maurizio Biasini, all'epoca dei fatti in servizio nella Compagnia di Castelfranco. Una condanna che i tre hanno finito, in tempi diversi, di scontare nelle carceri di Treviso e Venezia. Ora sono uomini liberi a tutti gli effetti. Ma quell'inchiesta ha lasciato un forte amaro in bocca agli investigatori. E solo leggendo i documenti dell'indagine si può comprendere il motivo.

ASSALTI SERIALI. L'investimento del brigadiere Biasini, che riportò la frattura di tibia e perone, si concluse con l'arresto dei tre albanesi. I tre, da quanto emerso nei documenti della maxi inchiesta, vennero identificati, con fotografia, ma soprattutto sottoposti a identikit biologico. I prelievi effettuati dai carabinieri, su ordine della Procura di Treviso, vennero poi spediti al Ris di Parma che, ricavato il Dna, lo sottopose a confronto con quelli di casi irrisolti nei quali gli investigatori erano riusciti a trovare tracce biologiche lasciate dai responsabili.

LA SORPRESA. È stato a quel punto che il Ris è riuscito a collegare il terzetto di ladri che falciarono il brigadiere Biasini, con una serie di colpi, messi a segno a Pordenone, Vicenza, Venezia e Verona. Tutti colpi perfezionati prima del 2015 che erano rimasti senza colpevole e che, grazie al Dna, ora possono essere contestati ai tre albanesi. Ma non sarà così. Le Procure interessate hanno ricevuto le segnalazioni del Ris. Ma è trascorso troppo tempo perché si possa avviare un processo e portarlo a conclusione prima che scatti la prescrizione. Così tutti quei furti resteranno impuniti, nonostante ci sia la prova certa dei colpevoli: il loro Dna.

PENE DIMEZZATE. In appello, grazie alle strategie dei rispettivi avvocati difensori Fabio Crea, Giorgio Pietramala e Francesca Mavilla, Bledian Bega (l'autista che investi Biasini) si vide ridotta la pena da 3 anni e 10 mesi a 2 anni e 8 mesi; mentre i complici se la cavarono con 2 anni e 4 mesi ciascuno i complici Lavdim Zeziri e Bleda Noka (subito rimesso in libertà) che, in primo grado, erano stati rispettivamente condannati a 3 anni e 4 mesi e 3 anni e 8 mesi.

LA RETATA. Erano settimane che i carabinieri erano sulle tracce della banda quando la Compagnia di Castelfranco decise di far scattare il blitz in via don Milani a Treviso. Accerchiò il covo dei tre albanesi, che avevano pedinato per ore, quando il terzetto entrò nel garage del palazzo. Zeziri e Noka cercarono di scappare a piedi, ma vennero subito bloccati. Bega, ancora nell'auto, ingranò la retromarcia e nel tentativo di fuga falciò il brigadiere. Anche lui venne però subito catturato. Inizialmente ai tre albanesi la Procura di Treviso contestò l'accusa di tentato omicidio, successivamente modificata, seppur a vario titolo, in quelle di ricettazione, lesioni personali e resistenza a pubblico ufficiale.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci