Droni, frigo e ciabatte: così il turismo cafone invade il lago glaciale

Domenica 19 Agosto 2018 di Franco Soave
Il lago del Sorapìss
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RIFUGIO VANDELLI (BELLUNO) - La sua bellezza rischia di diventare la sua condanna. Il lago del Sorapìss è un gioiello unico, dal fascino incomparabile. Nelle sue acque color turchese si specchia il Dito di Dio, la roccia di uno dei gruppi più noti delle Dolomiti, il Sorapìss, la montagna sopra la cascata.



Quello specchio d'acqua, che deve il colore a una sorta di limo in sospensione rilasciato dal ghiacciaio, ha attirato turisti e alpinisti fin dalla seconda metà dell'Ottocento,  tanto che nel 1891 la sezione del club alpino di Pfalzgau, città tedesca, vicino alle sue sponde inaugurò il primo rifugio. Centotrenta anni fa la frequentazione era adeguata all'epoca ma oggi, anche a causa del tam tam diffuso dai social e di tutto ciò che passa attraverso internet, il luogo è uno dei più affollati dei Monti Pallidi. E si sa che molto spesso folla non è sinonimo di educazione. La prova la forniscono le immagini della moltitudine di persone che ogni giorno, soprattutto nei mesi centrali dell'estate, raggiungono l'anfiteatro del Sorapìss: tuffi nel lago magari con il cane che sguazza e sporca non è certo colpa della bestiola il delicato colore dell'acqua; bagni con il materassino da mare che poi viene abbandonato in mezzo ai mughi; picnic sulle sponde con cartacce e resti lasciati in mezzo alla vegetazione; ai piedi, scarpe da ginnastica, sneakers più appropriate a passeggiate in città, sandali, addirittura ciabattine; chi scrive ha incrociato una ragazzina con una stampella.

L'ITINERARIO
E sì che l'itinerario più frequentato che in circa due ore porta al lago da Passo Tre Croci, il sentiero con segnavia 215 che aggira le Cime di Marcuoira, è facile ma non banale. Facile perché non presenta passaggi tecnicamente impegnativi, non banale perché è attrezzato con corde fisse per risalire una scarpata rocciosa e attraversare una cengia che nel punto più stretto è alta ed esposta.

A nordest del lago, a 1926 metri di quota, la PfalzgauHütte negli anni ha lasciato il posto al rifugio che oggi porta il nome di Alfonso Vandelli, della sezione di Venezia del Club Alpino Italiano. Da diciannove stagioni è gestito da una famiglia di Auronzo: Emilio Pais Bianco, 52 anni, con la moglie Sabrina, 49, e i figli Jessica, 25, e Daniele, 23, coadiuvati in questo periodo da tre giovani, Daniel di Lozzo di Cadore, Edoardo di Fano, Lorenzo di Treviso. 
«È vero conferma Sabrina la bellezza del lago sta diventando la sua debolezza. Questo è un luogo delicato e piccolo, non è un posto dove migliaia di persone possono disperdersi. E per il numero di turisti che arrivano ogni giorno, soprattutto in agosto, c'è troppa gente. I social hanno dato un impulso incredibile alla pubblicità, le foto del lago sono ovunque e la gente vuole vederlo. Per questo negli ultimi anni abbiamo subito un vero assalto». Le soluzioni non sono semplici. «Ogni tanto senti le perle di saggezza di qualcuno che propone di chiudere il sentiero. Ma che discorsi sono? Tutti hanno gli stessi diritti, se uno se la sente di affrontare il percorso deve poter arrivare qui. Non è questa la soluzione. Servono invece educazione e buon senso, quello che spesso manca».



Intanto anche voi fate la vostra parte per tenere tutto in ordine. «Certo! Pulizia al lago tre volte alla settimana, i ragazzi alla sera quando smettono i lavori in rifugio fanno il giro delle sponde. E raccolgono di tutto. Per fortuna esistono persone che ci portano anche i rifiuti altrui: li possiamo solo ringraziare. Tutti abbiamo il diritto di vedere ciò che la natura ci ha regalato, ma assieme al diritto dobbiamo avere rispetto. E se tutti mettessimo in pratica questa semplice regola non ci sarebbe alcun problema».

Cosa trovate quando andate a controllare le sponde del lago? «L'anno scorso tra l'altro abbiamo trovato un frigo portatile con all'interno scatolette, bottiglie vuote ed escrementi. Ma non è finita: a fine stagione il lago si svuota quasi del tutto perché il ghiacciaio rilascia meno acqua, così diamo una ripulita a fondo e troviamo lattine, bottiglie c'erano perfino due droni, completamente ossidati che ovviamente abbiamo eliminato. Ah, poi ci sono i salvagente e i materassini da mare. Sissignore, materassini da mare, a fine stagione ne abbiamo recuperati diciotto. Li portano quassù, fanno il bagno e quando si bucano li mollano sotto i mughi. Troppo pesanti per riportarseli a valle!». Insomma una montagna di maleducazione. «E non c'è solo la montagna. L'educazione all'ambiente dovrebbe esistere al mare, in città, a casa, ovunque. E credo che se uno sporca qui, lo fa dappertutto. Io dico a tutti: portatevi su da valle il panino e tutto quello che volete ma il vostro sacchettino portatelo giù, vuoto non pesa niente. Anche perché il nostro rifugio rimane uno dei più difficili da gestire: non ci sono strade, non ci sono teleferiche, i rifiuti li portiamo giù con l'elicottero: qui non c'è il camioncino che passa ogni giorno!». Pochi anni fa era impensabile vedere qualcuno con infradito da queste parti. Ora invece «Molta gente parte a caso, nel senso che non sa cosa affronterà, non si informa. Una volta vedevi gli escursionisti con la cartina in mano, chiedevano informazioni prima di mettersi in cammino, cercavano di capire dove dovevano andare. Adesso molti partono senza conoscere tempi di percorrenza, eventuali difficoltà del sentiero, arrivano di sera senza una pila, il frontalino. E poi devono rendersi conto che una volta arrivati qui bisogna anche tornare indietro. Per fortuna però chi ama e rispetta la montagna c'è sempre. E sono quelli che ti dicono continua».



IL CARTELLO
Da pochi giorni le Regole di Ampezzo hanno piazzato un cartello al rifugio, in italiano, inglese e tedesco, nel quale ricordano ciò che non si può fare. «Caro visitatore si legge il lago del Sorapìss è una perla delle Dolomiti d'Ampezzo, delicata e molto frequentata. Ti informiamo sulle principali regole di comportamento per rispettare l'ambiente e le altre persone». E quindi non entrare nel lago a nuoto o con imbarcazioni, non campeggiare, non lasciare rifiuti, non sporcare. Basterà un cartello per arginare gli incivili? «Forse come deterrente servirà, lo spero, anche se c'è sempre qualcuno che brontola. Però da quest'anno qui ci sono le guardie forestali delle Regole. Non possono essere quassù tutti i giorni ma fanno un bel lavoro: girano lungo il lago, danno informazioni, rimproverano se serve. A volte basta anche la presenza a scoraggiare comportamenti sbagliati. Devo ringraziare le Regole, qui tutti apprezziamo il loro aiuto. E poi ci sono anche i Carabinieri Forestali, salgono spesso soprattutto nei fine settimana. Penso siamo nella direzione giusta».
Se lei dovesse lanciare un appello agli escursionisti che arrivano quassù, cosa direbbe? «Direi che la natura, dal mare alla montagna, bisogna rispettarla ovunque. E vorrei che pensassero: ho la fortuna di vedere questo posto meraviglioso, l'ho trovato pulito e voglio che anche altri lo possano trovare così».
Ultimo aggiornamento: 20 Agosto, 14:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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