Pensioni alte, così la stretta: tagli in base all’età di uscita

Sabato 11 Agosto 2018 di Luca Cifoni
Pensioni alte, così la stretta: tagli in base all’età di uscita
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Pensioni alte se non proprio d’oro, ma soprattutto anticipate. Sia quelle passate, sia i trattamenti che saranno liquidati d’ora in poi. Il progetto di legge annunciato alla Camera da M5S e Lega mette nel mirino gli assegni previdenziali al di sopra degli 80 mila euro lordi l’anno, ricalcolandoli non in base ai contributi effettivamente versati - come pure era stato detto - ma all’età in cui si è iniziato a percepirli. Un meccanismo mutuato dalla proposta fatta a suo tempo dal presidente dell’Inps Boeri, che certamente è più facile da attuare ma penalizzerà in particolare alcune categorie di pensionati: manager usciti dal mondo del lavoro a seguito di crisi aziendali, alti gradi militari, donne. Tutte persone che indipendentemente dagli anni di carriera hanno smesso di lavorare relativamente presto, anche in virtù delle norme esistenti.

I DETTAGLI
Il provvedimento a firma dei due capigruppo della maggioranza alla Camera, D’Uva e Molinari, è intitolato “Disposizioni per favorire l’equità del sistema previdenziale attraverso il ricalcolo, secondo il metodo contributivo, dei trattamenti pensionistici superiori a 4.000 euro mensili”. Dovrebbe essere esaminato dal Parlamento già a settembre e nelle intenzioni dei promotori verrebbe approvato a Montecitorio prima della sessione di bilancio: in base alle stime interesserà 158 mila pensionati, con un effetto positivo per il bilancio dello Stato di circa 500 milioni l’anno, quindi 5 miliardi nei 10 anni dello scenario ipotizzato.

Come funziona il taglio? I trattamenti interessati sono quelli dei lavoratori dipendenti pubblici e privati, degli autonomi e dei vari fondi confluiti all’interno dell’Inps compresi i dipendenti pubblici. Il ricalcolo verrà applicato anche ai vitalizi dei parlamentari e delle altre cariche elettive. Il primo parametro di cui tenere conto è l’importo lordo della pensione: 80 mila euro l’anno, che corrispondono a circa 4 mila euro netti (in realtà 100-200 in meno a seconda delle addizionali locali applicate). L’altro riferimento è appunto l’età della pensione di vecchiaia: 67 anni da 2019 in poi, in linea con quanto previsto dalla legge Fornero, e soglie via via più basse, ricalcolate all’indietro in base agli andamenti demografici, fino ai 63 anni e 7 mesi per chi ha lasciato il lavoro nell’ormai lontano periodo che va dal gennaio 1974 al dicembre 1976. A questo punto entrano in gioco i coefficienti di trasformazione introdotti dalla legge Dini, utilizzati per trasformare in rendita il “capitale” contributivo della pensione e graduati in base all’età del ritiro. Va ricordato che le pensioni liquidate fino al 2011 sono quasi tutte retributive “pure”, mentre dal 2012 è stata introdotta una quota contributiva crescente ma tuttora limitata.

Il meccanismo della legge M5S-Lega prevede di ridurre proprio la quota retributiva, quindi la totalità o la gran parte della pensione. L’entità del taglio viene calcolata rapportando il coefficiente relativo all’età in cui si andati in pensione a quello dell’età di riferimento. Ad esempio l’uscita per il 2000 la soglia è fissata a 65 anni: chi ha lasciato il lavoro a 60 “sconta” 5 anni di anticipo. Il confronto tra coefficienti avviene su tabelle differenziate a seconda dell’anno di effettivo ritiro ma si può dire approssimativamente che la penalizzazione valga il 2-3 per cento l’anno.

LE TUTELE
Sono previste alcune clausole di salvaguardia. Innanzitutto la pensione non potrà in ogni caso essere ridotta sotto gli 80 mila euro lordi. Sono esclusi dalla decurtazione i trattamenti di invalidità, di reversibilità e quelli riconosciuti alle vittime del terrorismo o del dovere. Inoltre chi ha lasciato il lavoro prima dei 57 anni si vedrà comunque fare il calcolo sul coefficiente dei 57 e in caso di più pensioni il taglio sarà applicato al massimo su due.
Ultimo aggiornamento: 13 Agosto, 18:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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