Il viaggio «al contrario» di Ibrahim: «In Africa per dire ai miei fratelli di non venire in Italia»

Mercoledì 8 Agosto 2018 di Paola Marano
Il viaggio «al contrario» di Ibrahim: «In Africa per dire ai miei fratelli di non venire in Italia»
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Un viaggio «al contrario» per convincere i suoi connazionali africani a non abbandonare la propria terra alla volta dell’Italia e dell’Europa. E’ l’impresa di Ibrahim Coulibaly, 32enne mediatore culturale e portavoce dell’associazione panafricana Mandé, che dal 2014 opera in tutta Italia a sostegno degli immigrati.


 

La storia di Ibrahim è la stessa dei tanti che oggi fuggono dai loro paesi di origine in cerca del sogno europeo: fuggito dal Mali per ragioni politiche 8 anni fa è arrivato in Italia dalla Libia. «A quei tempi viaggiare era molto più sicuro – racconta – io ho attraversato il Mediterraneo a bordo di una nave, dove mi veniva perfino dato da mangiare». Niente barconi di fortuna allora. E nemmeno troppi intoppi burocratici per ottenere il permesso di soggiorno. Così dopo 8 mesi a Napoli ha iniziato a lavorare «per far conoscere agli africani arrivati dopo di me i propri diritti e insegnare loro a rispettare gli italiani e le loro leggi».

Oggi però lo scenario è cambiato, in peggio secondo lui. E’ per questo che ha deciso di ribaltare il proposito della sua professione e fare ritorno nel continente nero con un tour tra scuole e associazioni per sensibilizzare i cittadini rispetto ai problemi che si incontrano nell’accoglienza in Italia. Mali, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Sierra Leone, Liberia, Guinea, Senegal, Gambia: 8 tappe sulla costa occidentale dell’Africa da percorrere in due mesi a partire da domani.

«Lo scopo del viaggio è spiegare ai fratelli della stessa nazionalità che ora noi non abbiamo nessun futuro qui in Europa - spiega Ibrahim - ed evitare che scappino dal loro Paese perché qui non c’è più lavoro e subiamo cose inaccettabili. In un sistema di accoglienza che funzioni i ragazzi dovrebbero frequentare obbligatoriamente la scuola per prendere coscienza dei propri diritti e non passare le giornate in strada».  

Ibrahim vive a Forcella ma trascorre la maggior parte delle sue giornate nei pressi della stazione centrale di Piazza Garibaldi, a pochi passi dal Vasto, il quartiere dove la presenza degli immigrati scalda spesso gli animi dei residenti.  Lo stesso luogo dove la scorsa settimana un 22enne senegalese è stato raggiunto da colpi di arma da fuoco mentre era in strada in compagnia di due amici.  Più che il razzismo però, per Ibrahim il problema in Italia è da rintracciare nell’ignoranza: «Non potrei dire che gli italiani sono razzisti, non è perché sono nero che mi sparano, mi odiano o minacciano. L’ignoranza in cui vive questo Paese è molto grave, non possiamo continuare così. Ci sono troppi ignoranti e ipocriti». E lancia un appello al ministro dell’Interno del governo gialloverde, accusato da molti di essere il mandante morale delle aggressioni ad immigrati registrate negli ultimi mesi: «Io direi al signor Salvini di comportarsi bene non per noi stranieri ma per gli italiani che vivono fuori. Se lui continua a comportarsi così potrebbe creare problemi agli italiani all’estero perché se tu non rispetti gli stranieri che vivono del tuo Paese chi dovrebbe farlo con i tuoi concittadini? – si chiede retoricamente - lui oggi non è più solo il leader di un partito, ma in qualità di ministro dell’Interno si presenta in tutto il mondo come bandiera dell’Italia. Il modo in cui si comporta, la sua propaganda politica fondata su discriminazione e speculazione contro le persone innocenti non va bene non va bene epr l’Italia pechè ci sono migliaia di italiani fuori Italia e finora nessuno ha detto loro che la pacchia è finita».
Ultimo aggiornamento: 18:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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