La grande retata, il questore Fassari: «Restituiamo la città ai padovani» /Foto /Video

Giovedì 9 Agosto 2018 di Marina Lucchin
L'operazione e il questore Paolo Fassari
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PADOVA - «Voglio riconsegnare la città ai padovani, voglio che la gente si possa ri-appropriare degli spazo». È questo il senso del blitz di martedì pomeriggio ai giardini dell’Arena e a piazzetta Gasparotto per il questore Paolo Fassari. Questore, quella dell’altro giorno è stata un’operazione che non si vede tutti i giorni. Come mai questo dispiegamento di forze?

 



 «Credo che Padova sia una città tendenzialmente portata al rispetto delle regole. Di certo, però, quando si creano zone in cui la vivibilità è pregiudicata, non esito a far intervenire le forze dell’ordine. È quello che ci chiedono i cittadini. Il nostro lavoro è intercettare i loro bisogni. Inoltre anche le indicazioni ministeriali vanno in questo senso, ovvero incentivare il controllo dell’immigrazione irregolare e di avviare l’avvio verso la frontiera o i centri per il rimpatrio i clandestini».
 
 

 
Si adotterà il pugno di ferro?
«A parte il risultato operativo, l’importante era fare un censimento, identificarle tutti coloro che bivaccano in queste zone, capire le percentuali degli irregolari e avviare le procedure per l’espulsione e il rimpatrio».
Qual è, quindi, l’obiettivo finale?
«L’obiettivo di questa operazione, anche se non ci sono stati tanti arresti o denunce, è quella di riconsegnare ai padovani la città, di consentire alla gente di ri-approriarsi degli spazi».
In che senso “ri-appropriarsi”? 
«Non va bene che una persona debba deviare il suo tracciato quotidiano per scansare questi gruppetti che disturbano. Non è razzismo questo, non c’entra nulla il razzismo con quest’operazione. C’entra solo il rispetto della libertà degli altri. Che poi è quello che impone il Decreto Sicurezza».
Ma in che modo queste persone impediscono alle altre di usufruire di questi spazi?
«I modi sono i più vari. Se una persona inibisce il passaggio di un’altra mendicando o spacciando, dovrà pure rispondere di un reato. Ma non va bene nemmeno che gruppetti di persone si approprino di un certo posto tutto il giorno a tutte le ore. Se questi stanno qui sempre, noi dobbiamo sapere chi sono e se sono regolari o meno. E se sono irregolari bisogna prendere dei provvedimenti». 
E com’è possibile fare tutto questo?
«So che il Comune vuole riqualificare i Giardini dell’Arena con degli interventi ad hoc. Il nostro compito è un altro, cioè intervenire con controlli costanti e continui».
È colpa del degrado?
«È logico che dove c’è degrado c’è paura e insicurezza. Ma ai Giardini dell’Arena non c’è degrado. Semplicemente è un parco che oltretutto sorge a pochi passi dalla stazione, dove ci sono anche dei posti buoni dove nascondersi per portare avanti i propri traffici senza essere visti. A prescindere dal degrado, qui la presenza di questi soggetti che palesemente si guardano attorno e destano preoccupazione ha portato noi e altre forze dell’ordine a mettere in campo queste operazioni. Che non si concludono solo con i controlli».
In che senso?
«C’è un lavoro meno visibile di quello degli uomini che operano per strada. Quello all’interno degli uffici, come quello dell’Immigrazione. Qui a Padova gli stranieri regolari sono 75mila e ogni anno si provvede al rinnovo di 20-25mila permessi di soggiorno. È grazi al lavoro di questi uffici che riusciamo a identificare gli irregolari e ad avviare le lunghe pratiche per il rimpatrio». 
È un percorso complesso?
«Sì, chi ha presentato richiesta di asilo non può essere espulso finchè il tribunale non respinge la richiesta e l’eventuale ricorso, mentre per gli irregolari prima bisogna contattare il consolato del Paese d’origine e accertarsi della sua identità, per questo finiscono nei centri per il rimpatrio. Non è un iter semplice e nemmeno veloce, ma la nostra attenzione è sempre massima». 
Marina Lucchin
Ultimo aggiornamento: 08:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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