Torna dall'Africa per febbre tropicale misteriosa: grave padre Maurizio

Martedì 31 Luglio 2018 di Mauro Favaro
Il missionario si è ammalato mentre si trovava in Sierra Leone
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I medici del Ca’ Foncello non l’hanno ancora codificata e stanno valutando tutti i possibili virus tropicali per inquadrare la febbre che ha colpito padre Maurizio Boa, 74enne missionario dei Giuseppini del Murialdo, originario di Badoere di Morgano, da 20 anni impegnato in Africa. Il quadro clinico è molto delicato. Nessuno si sbilancia. Sette giorni fa il sacerdote è rientrato precipitosamente nella Marca, accompagnato da un medico. Ed è stato subito ricoverato nell’unità di Malattie infettive di Treviso. Senza nemmeno passare per casa. Aveva iniziato a sentirsi male in Sierra Leone, Paese poverissimo, nella “sua” missione di Waterloo, a circa 30 chilometri dalla capitale Freetown. All’inizio la febbre non sembrava preoccupante. Si era pensato a un’influenza, pur fuori stagione. Poi la situazione si è aggravata. 
Le preoccupazioni sono rapidamente cresciute perché la Sierra Leone è stata il teatro della tremenda epidemia di Ebola che 4 anni fa ha ucciso migliaia di persone. E padre Maurizio era con loro. I dubbi a riguardo sono stati dissipati già in Africa: il missionario non era stato colpito dal virus di Ebola. Ma il respiro di sollievo è durato poco. Perché le sue condizioni si sono fatte sempre più precarie. Tanto da indurlo a rientrare di corsa in Italia. Adesso si trova sotto stretta osservazione nel reparto di Malattie infettive, diretto dal primario Pier Giorgio Scotton. Lo stesso dove nell’ultimo mese sono stati diagnosticati e curati due casi di Dengue, malattia tropicale riscontrata su due giovani rientrati dalla Thailandia. E nella stessa unità è in cura la 53enne di Fossalta di Piave che ha sviluppato una meningite dopo essere stata contagiata dal virus del West Nile a causa della puntura di una zanzara infetta, presente ormai in moto stabile alle nostre latitudini. Il sacerdote si sta sottoponendo a tutti gli esami necessari per arrivare a formulare una diagnosi precisa. E’ il passo fondamentale per avviare una cura.
Padre Maurizio ha dedicato buona parte della sua vita all’Africa. Ha preso per mano una comunità. A cominciare dai ragazzi, che sotto la sua guida hanno potuto studiare fino anche ad arrivare alla laurea. Non ha mai abbandonato quel popolo. Tanto meno nei momenti più difficili. Nel 2014 ha lottato assieme a loro contro Ebola. Aveva incontrato anche Gino Strada, fondatore di Emergency, per organizzare una rete sanitaria. Nel 2017, poi, è arrivata l’alluvione. Un’ondata di fango ha spazzato via un pezzo della capitale, inghiottendo le baracche e lasciandosi alle spalle una scia di oltre 400 morti e più di 600 dispersi. In Sierra Leone le alluvioni sono periodiche. L’anno scorso, però, le piogge torrenziali hanno sfaldato parte della montagna Sugar Loaf (Pan di zucchero), che sovrasta Regent, area a una quindicina di chilometri dal centro di Freetown. La missione di padre Maurizio si trovava solo qualche chilometro più in là. Lui si è rimboccato le maniche ancora una volta per aiutare i suoi fratelli. Adesso è impegnato nella sua battaglia più dura. E tutti sperano di vederlo ripartire presto per l’Africa con il sorriso sulle labbra.
Ultimo aggiornamento: 09:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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