Jerry Calà: «L'eterna giovinezza? Fare un figlio a 52 anni»

Domenica 29 Luglio 2018 di Francesca Cicatelli
Jerry Calà: «L'eterna giovinezza? Fare un figlio a 52 anni»
All'eterna giovinezza preferisce la condizione di «eterno entusiasta», una carica che gli ha donato la paternità inaspettata a 52 anni. Ora che di anni ne ha quasi 70 Jerry Calà, icona dell' estate e del divertimento per antonomasia,  torna con un singolo, «Un’altra estate che va», distribuito in digitale da Artist First e prodotto da Alex Intermite e Alexander Tempestini, produzione esecutiva The Best Organization  firmato da Daniele Lazzarin (Danti), Riccardo Garifo (Roofio) e lo stesso Calà, che segna una nuova collaborazione dopo il successo del brano «Ocio» (oltre 4 milioni di views in una settimana), che i Two Fingerz hanno scritto con J-Ax proprio per Jerry. «Un’altra estate che va» porta immediatamente in una delle più belle spiagge della Versilia e allo storico locale La Capannina di Forte dei Marmi, mettendo a confronto due diverse generazioni.
 


Nuovo singolo, insomma i giovani non meritano la loro età, la disperdono e dovrebbero ispirarsi alle passate generazioni? Mancano gli anni Ottanta, quelli di Professione Vacanze?
«Non sono un nostalgico, ricordo con tenerezza gli anni Settanta e i tempi di tempi di Professione Vacanze, il divertimento e l'entusiasmo degli anni Ottanta, ma non solo malinconico, sono un uomo a disposizione del futuro, guardo avanti».
 
Un'eterna giovinezza è possibile, a quanto pare, ma quali sono i segreti per non cedere alla trappola del pensare affannoso e preoccupato della maturità?

«Il segreto del mio eterno entusiasmo è nell'aver avuto un figlio a 52 anni, mi ha dato una grande carica, una voglia di combattere ancora per lui, di affrontare nuove avventure, di cimentarmi in esperienza mai avute. Mi ha ridato la voglia di lavorare e creare. Crescendo è lui che mi insegna tutte le novità tecnologiche, i social e le tendenze musicali.  Proprio mi dà tanto e mi dà quella carica che tutti chiamano eterna giovinezza».
Lei è un uomo del Sud, che resta un luogo bello e dannato. Come invertire la tendenza?
«Sono catanese, il Sud lo sento dentro, anche se vivo da anni altrove. Si potrebbero valorizzare di più i posti meravigliosi del Mezzogiorno, basti pensare che, a fronte dei 7mila chilometri di costa italiana, più della metà sono al Sud. Occorrerebbe implementare il turismo in quelle aree e migliorarne l'economia".
 
La felicità era prima senza social? La felicità è asocial? 

«La felicità non è né con i social né senza. Non è certo nella quantità di like altrimenti andiamo verso scenari allucinanti. E' forse qualcosa che uno ad un certo punto sente dentro perché la vita lo ha portato a sentirsi sereno e fortunato. Forse è come l'estate, non una stagione ma uno stato d'animo».
 
Napoli si regge sull'amore, è una città in cui vivresti e se sì perché ti vediamo poco? Ha qualche aneddoto legato alla città?
«Napoli ha avuto per me un'importanza cruciale. Il primo teatro che ha dato fiducia a I gatti di vicolo miracoli, il mio gruppo di cabaret con Smaila, Oppini e Salerno, è stato il teatro Cilea negli anni Settanta, quando non ci conosceva nessuno. Dopo un paio di giorni di spettacoli era tutto esaurito al punto che il teatro San Carluccio ci offrì di restare come compagnia permanente in pianta stabile. Abbiamo rischiato di diventare napoletani ma la vita ci ha portato altrove. A Napoli torno con felicità anche perché ho grande risposta del pubblico, un pubblico esigente, fine nei gusti che partecipa e apprezza solo le belle battute e che ha nel dna proprio lo spettacolo. Prima di sposarmi ho pensato di venire a vivere a Napoli e ad un certo punto ho cercato anche casa, mi affascinava vivere lì. Non è detto che non lo faccia in futuro".
 
 
 
Ultimo aggiornamento: 30 Luglio, 07:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA