Massimo Boldi in Friuli pensa a un Facecjoc in tv con De Bortoli

Domenica 22 Luglio 2018 di Camilla De Mori
Massimo Boldi in Friuli pensa a un Facecjoc in tv con De Bortoli
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UDINE - Dal Friuli delle origini del babbo al mondo. Grazie alla marilenghe e ai dialetti portati sui social dal suo amico friulano. Si potrebbe dire così, parafrasando la frase che campeggia sul suo profilo Twitter (Da Luino per il mondo). Perché l'idea che l'attore Massimo Boldi snocciola  proprio questa: partire da Facecjoc, il social network ideato nel 2011 dal tecnico Gianluca De Bortoli, che parla friulano (e una sfilza di 12 fra dialetti e lingue minori) e che ormai "naviga sui 7 milioni di iscritti" per approdare in tv. «Adesso sarebbe prematuro - dece Boldi - con Mediaset ho un ottimo rapporto e trovando un'idea posso cercare di portarla in azienda. È tutto da sviluppare». Ma poi, vulcanico com'è, Boldi guarda De Bortoli ed è un fiume in piena: «Io farei proprio il tuo social Facecjoc - gli dice -... Potrebbe essere un programma perché entri in un mondo che è il più attuale di tutti, con i dialetti: così tu copri l'Italia». «Potrebbe essere tipo "Quelli che il calcio", non è una brutta idea. Mi sembra vincente». D'altronde, sembra scritto nel destino, visto che De Bortoli confessa di conoscere l'intera filmografia dell'amico, per averla guardata e riguardata nella soffitta in cui stava partorendo Facecjoc ascoltando la Pausini.

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Pochi giorni fa Boldi era già stato in Friuli, fra Udine e Tarcento, il paese natale del babbo. Ed era la prima volta. «Una toccata e fuga», visto che poi la morte di Vanzina lo aveva fatto precipitosamente ripartire. «Forse in regione ero già stato per i miei spettacoli. Ma a Udine e Tarcento no. A Trieste avevo girato un film due anni fa: lì ci sono le mule, bellissime ragazze. I Boldi, che alla fine erano rimasti in sei fratelli, si sono spostati a Milano e hanno tutti figliato. A Udine credo di avere anche un parente, che forse opera nel settore del mercato della frutta, ma non l'ho mai rintracciato. Alcuni dei miei zii, Udine, ce l'avevano nel cuore». E a lui è piaciuta. «Girando l'Italia ti rendi conto che ci sono due o tre Italie. Udine mi sembra una città moderna». Lontana dai ricordi di quel Friuli di miseria da cui se n'erano andati i suoi familiari. «Me la raccontavano come un paese triste, dove si mangiava la polenta con il latte. Cosa mi ha colpito? Il fatto che vive il nostro mondo, non vive un mondo diverso. L'hotel dove alloggio, il Là di Moret, è molto carino». Suo padre Marco, poi, era morto giovanissimo, «nel 66, il 7 aprile. Era emofiliaco, una malattia nobile, e aveva la cataratta. Avevo 19 anni. È stata una tragedia. Mi ero ripromesso di tornare a Udine per la commemorazione». E poi il Friuli era la terra di «nonno Barba, Boldi Pietro (dice così ndr), il capostipite. Morto a 98 anni in ospizio. Prima di morire si era fatto portare il vino. Ce bon, ce bon - disse -. È ora di prendere un biglietto di sola andata. E morì». Il nonno «in Friuli faceva i mattoni, ma sapeva cinque lingue. Era andato in Russia. Traduceva Radio Londra per i compaesani». Il babbo, invece, cresciuto a Tarcento, poi si era trasferito. «Ha conosciuto mia mamma a Luino dove sono nato io. Lavorava nella ditta del nonno Mario Vitali, che con il fratello aveva un'azienda di profumi». La casa di Luino, dice, l'ha rivista due anni fa («Mi sembrava tutto così piccolo, da bambino era tutto enorme»), quella di Tarcento, no («Non la conosco»). Ma a Sedilis, «abbiamo fatto una cena spettacolare, anche se di Tarcento ho visto pochissimo». Con la marilenghe ha un rapporto d'affetto, come quello che lo legava al papà che «con i fratelli parlava in friulano». «È proprio una lingua, non è un dialetto», dice più volte come a rimarcarlo. E snocciola tutte le frasi sentite da bambino. «So dire ce bielis maninis. Benedetis lis cjargnelis (ma cosa significhi è un arcano che gli svela De Bortoli ndr). Le campane di Venzon».
I SELFIE
Non sono passati neanche una ventina di minuti che già arrivano, a pioggia, le richieste di selfie. Fan giovanissimi. Il primo è Charles, 30 anni, che ha origini del Kerala, anche se vive qui, con mamma e papà di Milano e Gemona. «In India - gli dice Boldi - ho girato due film». «Ho visto tutte le tue pellicole» gli dice Charles, che andrà a fare il bidello. «Sei il mio mito!», esulta Matteo, 23 anni, di Tarcento, studente di Agraria. Udine non è più polenta e latte. «Mio papà mi raccontava che a casa sua si mangiava la saracca, un pesce affumicato di miseria». Ora «Udine è cambiata. È cambiato il mondo». In Friuli, promette, «tornerò, perché con Gianluca siamo amici». Al cronista chiede come si vive, a Udine, se ci si sente fuori dal mondo. Perché questa domanda? «Perché di solito non si è contenti di dove si sta. Si pensa sempre che si potrebbe andare a Roma o Ny. Udine è una città che non è una metropoli». Qualcuno viene in Friuli per rilassarsi. «Io non ci potrei vivere. A rilassarmi troppo mi inca...o».
Camilla De Mori
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Ultimo aggiornamento: 23 Luglio, 10:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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