Frode fiscale da 44 milioni di euro: 39 persone indagate in tutta Italia

Mercoledì 18 Luglio 2018 di Paola Treppo
Frode fiscale da 44 milioni di euro: 39 persone indagate in tutta Italia
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GORIZIA - La Compagnia della Guardia di Finanza di Gorizia ha scoperto una rilevante frode fiscale messa in atto da 39 persone domiciliate nelle province di Brescia, Bergamo, Roma, Milano, Monza Brianza, Verona, Padova, denunciate a vario titolo per emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta, occultamento di scritture contabili, omesso versamento di Iva e riciclaggio.

Il primo fermo al valico 
Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Gorizia, sono iniziate nel marzo 2015, a seguito del fermo, avvenuto a Gorizia, al valico di confine di San Pietro, di tre persone provenienti dalla Slovacchia; dopo aver riferito ai finanzieri di avere con loro solo poche decine di euro, sono stati trovati con denaro contante per 271.830 euro, composto prevalentemente da banconote da 500 euro nascoste sotto il sedile del conducente, senza dichiarazione valutaria, obbligatoria. 

46 decreti di perquisizione
Le attività investigative, condotta con l’esecuzione di 46 decreti di perquisizione domiciliare e locale, con l’impiego di 120 militari, accertamenti bancari su 82 conti correnti italiani ed esteri, l’approfondimento di 24 segnalazioni di operazioni sospette, accesso a 6 cassette di sicurezza, hanno accertato l’emissione di fatture false per 44.591.840 euro da parte di nove società estere, di cui una con sede in Ungheria e otto in Slovacchia, in particolare nel centro storico di Bratislava, lo Stare Mesto, da cui il nome dell’indagine.

Compravendita di metalli ferrosi
Per frodare il fisco e pagare ingiustamente meno imposte, le fatture sono state contabilizzate come costi fittizi d’esercizio negli anni 2012, 2013, 2014 e 2015, da parte di 25 imprese attive nel settore della compravendita dei metalli ferrosi, con sedi operative nelle province di Brescia, Bergamo, Verona, Roma, Livorno, Padova, Napoli, Monza Brianza.

Alcuni dei denunciati, quasi tutti di nazionalità italiana e in alcuni casi già gravati da specifici precedenti penali e di polizia, sono risultati amministratori o soci delle imprese estere, mere “cartiere”, utilizzate per emettere le fatture inesistenti, predisporre falsi documenti di trasporto e ordini di acquisto, e aprire conti correnti in istituti di credito con sede in Slovacchia e Ungheria, dove accreditare il denaro relativo agli acquisti inesistenti di materiali ferrosi da parte delle società italiane.

Soldi trasferiti sul confine con gli "spalloni"
Come emerso dalle indagini finanziarie le somme trasferite all’estero sono state sistematicamente prelevate in contanti da veri e propri “spalloni”, come quelli fermati nel marzo 2015 a Gorizia, e introdotte nel territorio nazionale, per importi in alcuni casi fino a 400.000 euro, attraverso i valichi di confine delle province di Gorizia, Udine e Trieste, in violazione della normativa sull’importazione della valuta dall’estero e per aggirare le disposizioni antiriciclaggio.

Il meccanismo fraudolento
Il meccanismo fraudolento ricostruito e bloccato dalla Guardia di finanza di Gorizia può essere descritto attraverso le diverse fasi: alcuni degli indagati costituiscono in Slovacchia e Ungheria società consistenti in meri recapiti, prive di reali strutture operative e senza dipendenti; le società estere facevano finte vendite di materiali ferrosi alle imprese italiane compiacenti che contabilizzano questi acquisti come costi d’esercizio inesistenti; le imprese acquirenti, per giustificare sul piano finanziario le fittizie operazioni commerciali, dispongono i pagamenti tramite bonifico sui conti correnti accesi presso gli istituti di credito esteri; gli importi accreditati all’estero rientrano in Italia tramite “spalloni”, per eludere la normativa valutaria e antiriciclaggio.

Il sequestro preventivo per equivalente
Al termine delle indagini è stata formulata all’autorità giudiziaria competente una proposta di sequestro preventivo per “equivalente” per l’ammontare di 13.644.830 euro finalizzata a cautelare i beni che rappresentano il provento e il profitto dei reati per cui si procede.

L’autorità giudiziaria, infine, ha concesso l’autorizzazione all’utilizzo, ai fini fiscali e amministrativi, dei dati e delle notizie acquisite nel corso delle indagini di polizia giudiziaria, per permettere la contestazione anche sul piano tributario e amministrativo dei fatti accertati in ambito penale. 
Ultimo aggiornamento: 14:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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