Lite sul decreto dignità: un milione di contratti sono a rischio rinnovo

Mercoledì 4 Luglio 2018 di Giusy Franzese
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 E ora sono tanti i precari che tremano. Al di là delle intenzioni del governo, che vorrebbe per loro un futuro più stabile, le nuove norme sui contratti a termine potrebbero rivelarsi un boomerang nel privato. Le organizzazioni datoriali infatti in queste ore stanno consigliando ai loro associati di stare attenti con i rinnovi. Non è tanto e solo per il costo più alto (il decreto prevede per ogni rinnovo a partire dal secondo un costo contributivo crescente dello 0,5%) ma per il rischio contenziosi.

Le nuove norme più restrittive (un limite massimo di durata che si riduce da tre a due anni, numero di possibili proroghe tagliate da 5 a 4, reintroduzioni delle causali passati il primo anno di contratto) valgono anche per le proroghe e i rinnovi dei contratti in corso, compresi quelli in somministrazione. Il decreto è chiaro: «Le disposizioni trovano applicazione ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente all'entrata in vigore del presente decreto nonché ai rinnovi ed alle proroghe dei contratti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto».
 
LA MAPPA
Secondo una stima di Datagiovani, da qui alla fine dell'anno andrà in scadenza il 55% dei contratti a termine in essere. In totale sono ben un milione e seicentomila rapporti. Di questi, però, oltre mezzo milione (526.00) sono nella pubblica amministrazione, che non viene toccata dalle nuove norme. Ma per più di un milione di lavoratori inizia la paura. I settori più coinvolti sono quelli dell'industria e delle costruzioni (288 mila contratti in scadenza) seguiti dall'agricoltura (170 mila) e dal commercio (178 mila contratti). Poi vengono le attività finanziarie, assicurative e immobiliari (134 mila), gli alberghi e i ristoranti (163 mila). Il 47,2% sono giovani under 35, il 52,1% donne, il 25% ha più di 45 anni, oltre il 40% ha un diploma e più di un quarto è laureato. La metà dei contratti (49,4%) si concentra al Nord. Già entro l'estate ci sarà il primo test: sono ben 661.000 i contratti in scadenza nel privato.
Certamente non tutti sarebbero stati rinnovati, soprattutto quelli stagionali. Ma tanti altri invece sì.

LE COMPLICAZIONI
Adesso invece si fa tutto più complicato. Chi sta concludendo i due anni di contratti a termine con la stessa azienda, potrà sperare solo nell'assunzione a tempo indeterminato. O cercarsi un'altra azienda. Ma anche chi ha superato la soglia dei 12 mesi di contratti potrebbe vedere sfumare quel lavoro, che per quanto precario, è comunque un'occupazione che ti fa portare uno stipendio a casa. Dopo il primo anno, rinnovi e proroghe, infatti, adesso dovranno sottostare a specifiche causali. Ecco quelle consentite: esigenze temporanee ed oggettive, estranee all'ordinaria attività del datore di lavoro; ragioni sostitutive; esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell'attività ordinaria; ragioni relative a lavorazioni e a picchi di attività stagionali, individuati con decreto del Ministero del lavoro. Tanto per fare qualche esempio: se ci sono lavoratrici che vanno in maternità, al loro posto l'azienda può assumere un sostituto con contratto a termine; lo può fare anche se arriva una commessa straordinaria che prevede consegne in tempi rapidi. Il ritorno alle causali (c'erano prima del Jobs Act) non può invece comprendere i fatti ordinari dell'attività aziendali.

In passato questa cosa aveva prodotto enormi contenziosi tra lavoratori e aziende. «Erano enormemente diminuiti con la liberalizzazione» osservano i consulenti del lavoro. Il timore è che adesso nuovamente il lavoratore possa trascinare l'azienda davanti al giudice contestando la causale e pretendendo l'assunzione a tempo indeterminato. L'Unione degli Artigiani di Milano ha già diffuso una nota ai suoi associati: «Sconsigliamo alle imprese di stipulare o rinnovare rapporti di lavoro a tempo determinato, a forte rischio contenziosi» si legge. Un rischio sul quale insistono praticamente tutte le organizzazioni datoriali, da Confimprese a Confesercenti, da Confindustria a Confcommercio e Cna. Per il governo invece sono allarmi ingiustificati. Il vicepremier Luigi Di Maio è tranchant: «Se il tema è il pericolo di più contenziosi sono tranquillo, perché il ministro della Giustizia Bonafede ha un piano per rafforzare i tribunali».
 

Ultimo aggiornamento: 11:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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