Il successo fuori dal Veneto e dall'Italia: il pilota, la curatrice e il ricercatore, tre talenti in fuga

Lunedì 25 Giugno 2018 di Maria Elena Pattaro
Il successo fuori dal Veneto e dall'Italia: il pilota, la curatrice e il ricercatore, tre talenti in fuga
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PADOVA - L'Italia aveva poco da offrire, così hanno fatto le valige e si sono trasferiti all'estero per completare gli studi o per trovare lavoro. È la scelta coraggiosa compiuta da Damiano Miazzi, Damiano Buratto e Beatrice Marciani, tre ragazzi della Bassa padovana che hanno fatto carriera oltre i confini. Tre volti, tre storie diverse accomunate da un lato dall'intraprendenza di inseguire i propri sogni, dall'altro dal rammarico di non riuscire a realizzarli nel proprio paese. Così hanno accettato la sfida di mettere radici rispettivamente a Macao, Shangai e Parigi per fare la professione che hanno sempre sognato: pilota di linea, ricercatore e curatrice di musei. 
 
VOLARE
Per Damiano Miazzi, che ha 32 anni ed è cresciuto a Sant'Urbano, la passione per il volo è stata un chiodo fisso fin da bambino, tanto che al momento di scegliere la scuola superiore non ha avuto dubbi: l'istituto Natta di Padova, indirizzo navigazione aerea. Oggi che lavora per il gruppo cinese Airchina con uno stipendio che oscilla tra i 3mila e i 10mila euro al mese ed è a un passo dall'essere promosso comandante, sa di aver fatto la scelta giusta.
All'università si era iscritto a ingegneria aerospaziale, iniziando nel frattempo a prendere confidenza con gli aerei come dipendente di piccole compagnie del Nord-Est. «Poi le società hanno chiuso - racconta - così ho usato i soldi della cassa integrazione per fare i brevetti da pilota. La mia famiglia mi ha dato una mano, altrimenti non ce l'avrei fatta».

Il corso per la patente di volo, che dura circa 4 anni, si aggira sui 100 mila euro. «Ottenerlo è difficile, ma la vera sfida inizia dopo - spiega Damiano - perché se non maturi ore di volo nessuna compagnia di un certo livello è disposta ad assumerti. Così nel 2010 sono andato in Congo».
Lì Damiano ha rischiato la vita perché uno dei bersagli dei guerriglieri era proprio l'aeroporto della capitale Kinshasa: un azzardo di cui, col senno di poi, il giovane va fiero, perché altrimenti non avrebbe mai raggiunto il monte ore necessario a ottenere un buon contratto.

Una volta lasciato il Paese africano, ha spedito il curriculum a compagnie aeree di tutto il mondo: la prima che gli ha risposto è stata Airchina, dove lavora da quattro anni. In alta quota ha trovato anche l'amore: una hostess di Taiwan con cui convive da tre anni al 64. piano di un grattacielo di Macao. Nostalgia dell'Italia? «Solo per le vacanze - afferma - Ho amici piloti che sono in cassa integrazione da anni, qui invece ho una certa stabilità economica. Ogni mese mi contattano ragazzi italiani per chiedermi qualche dritta: a tutti dico di mettersi nell'ottica di lavorare all'estero».

SPERIMENTARE
Lo stesso consiglio che papà Michelangelo ha dato al figlio Damiano Buratto, anche lui di Sant'Urbano. Dopo la laurea in fisica all'università di Padova, il 29enne si è iscritto a un dottorato che prevedeva un anno si studio a Shangai, in Cina. Ed è subito scattata la scintilla: finito il dottorato, infatti, Damiano è tornato nella Shangai Tech University con un contratto di ricerca che durerà fino al 2019.

«Sto seguendo diversi progetti - racconta - e mi occupo dello studio degli anticorpi per capire come commercializzarli sotto forma di farmaci». La sua giornata tipo inizia con una colazione in uno dei supermarket del campus, prosegue con gli esperimenti in laboratorio e si conclude in uno dei ristoranti del centro. Non prima di aver fatto una partita a tennis o a pallavolo nei campetti dell'università.

«Mi aspetto di fare un'ottima esperienza - afferma - utilizzando strumenti all'avanguardia e collaborando con docenti di spessore: alcuni hanno vinto il Nobel». Tornare in Italia sembra essere l'ultimo pensiero: «Mancano fondi, gli stipendi dei ricercatori non sono molto alti, le cattedre al momento sono bloccate e la strumentazione spesso lascia a desiderare».

RESTAURARE
Anche Beatrice Marciani, che ha 25 anni ed è cresciuta a Este, ha deciso di investire su una formazione di qualità fuori dai confini italiani. Da due anni e mezzo vive in un appartamento di Parigi a due passi dal Louvre per esplorare le possibilità offerte dalla museologia. Il suo sogno è diventare curatrice. Per questo, mentre frequentava il corso di laurea magistrale in storia dell'arte a Venezia si è candidata per un seminario di museologia organizzato dal Louvre. «A Venezia non ci avevano mai portati in un museo - racconta - era l'aspetto pratico che mi mancava».

Nel frattempo ha scritto la tesi proprio sul Louvre. A 10 anni, quando sua mamma le mostrò per la prima volta le meraviglie custodite all'interno, si era ripromessa che un giorno avrebbe lavorato lì. Detto fatto: Caterpillar, come la chiamano gli amici, si è iscritta alla scuola parigina che prepara i futuri curatori, l'Institut National du Patrimoin.
Per sei mesi ha vestito i panni del poliziotto d'archivio, nel tentativo di rintracciare più di mille oggetti disseminati nei musei di provincia. Poi è arrivato l'incarico nell'altro museo-simbolo della capitale: il Musée d'Orsay.

«Adesso invece sto lavorando in un atelier di restauro in cui ho la possibilità di tenere in mano i capolavori di Leonardo racconta è un'emozione fortissima. Forse tornerò in Italia a ottobre o novembre, se vinco un dottorato. Vorrei fare qualcosa per valorizzare il nostro patrimonio». Ma l'Italia non sembra darsi troppo da fare per riscattare dall'esilio questi suoi giovani talenti.
Ultimo aggiornamento: 27 Giugno, 11:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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