Da partito-sindacato del Nord a movimento nazionale Le ragioni per fidarsi o dubitare della Lega di Salvini

Giovedì 21 Giugno 2018
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Gentile direttore,
dalla fantomatica Padania secessionista, federalista, separatista, irredentista del Nord dal resto d'Italia, ora al governo spetta la conduzione della Lega, peraltro coalizzata, con programmi odierni di liberare l'Italia dalla migrazione con mire pure ad etnie alloctone stanziate nel nostro Paese quali il nomadismo zingaro. Ma come mai questa esplosione di una sorta di nazionalismo radicale e tutto questo patriottismo che fino a pochi mesi fa si ingiuriava populisticamente contro il governo di Roma? Tutto ciò può essere spiegato solo ad una mossa politica dal fatto che prima delle elezioni si cancellava lo slogan sbandierato da Lega Nord con Lega per dare un espressione più distensiva, formando così un movimento di larga veduta abbracciante tutto il territorio nazionale. Resto confuso su come dei nordisti siano diventati nazionalisti e qualcosa palesemente non quadra. Tuttavia, le furberie e tattiche politiche sono anche ciò per avere maggiori consensi, ma ora ci si chiede se questa conduzione governativa giallo-verde sarebbe diventata una corrente nazionalista e che del Nord, in contraddizione, non gliene importerebbe più niente fomentando verso un disordine socio-ideologico, e forse ad una prossima crisi di governo.
Giancarlo Lorenzon
Spresiano (Treviso)


Caro lettore,
quando si osserva la politica è sempre bene far prevalere i dubbi sulle certezze, le domande sulla risposte. Salvini ha preso in mano un partito che valeva il 4-5% dei voti e lo ha portato al 18% del 4 marzo scorso. Oggi i sondaggi lo accreditano del 28-29%. Per ottenere questo risultato Salvini ha rivoltato come un calzino l'immagine e la strategia politica della Lega. Da partito-sindacato di un pezzo del Paese (il Nord), lo ha trasformato in movimento nazionale con un programma ancorato ad alcuni temi politicamente e geograficamente molto trasversali: immigrazione, sicurezza, meno tasse, euro-scetticismo. Per fare ciò ha tolto dal simbolo del partito la parola Nord e, almeno parzialmente, ha anche rinunciato al colore simbolo del partito, il verde, a favore dell'azzurro che campeggiava nei manifesti elettorali . Una frattura con la tradizione leghista tutt'altro che marginale. Lei dice che però palesemente qualcosa non quadra. Sul piano elettorale, almeno per ora, direi che quadra benissimo. Ma è vero che Salvini e la Lega hanno di fronte a sé un percorso impegnativo. Da partito della questione settentrionale, la Lega salviniana deve diventare partito della questione nazionale, saldando cioè le diversità socio-economiche e le profonde diversità che dividono il Paese e che sono emerse con chiarezza anche nella distribuzioni dei voti lo scorso 4 marzo. Ma deve farlo senza perdere il forte insediamento, non solo elettorale, che conserva nelle regioni del Nord, in particolare il Veneto e la Lombardia. Riuscirà il neo ministro degli Interni a condurre in porto questa trasformazione? Lo capiremo nei prossimi mesi. Soprattutto capiremo se, come lei sospetta, siamo di fronte a un'operazione di tattica politica o, come altri ritengono, a una svolta strategica destinata a modificare in profondità gli equilibri della politica italiana.
Ultimo aggiornamento: 14:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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