Milano vista dall’alto della terrazza panoramica della Regione Lombardia ha fatto da fondale autorevole per la presentazione della collezione uomo Eleventy P/E 2019. Marchio forte, declinazione sicura per un trend che in questa tornata di moda prima a Firenze con Pitti Uomo e poi a Milano si è confermato su posizioni di ritorno per temi consueti dell’eleganza maschile. La moda è stanca di “bravate”, di esplosioni con fantasie malate, di esternazioni psicotiche che hanno fatto toccare vertici di ovvietà e di omologazione deprimenti. Gli stilisti seri, quelli che intendono continuare il percorso più positivo nella moda, hanno preso la via di un’eleganza attualissima, disinvolta, ma non priva di cenni “tradizionali”, di quella “normalità” che – sia pure commettendo l’errore di usare questo sostantivo astratto così difficilmente declinabile nel verso giusto , alla fin e piace agli uomini che camminano su strade positive.
Eleventy, prendendo spunti dallo sport, mettendo una felpa con pantaloni metropolitani, riproponendo l’abito classico sia pure personalizzato con interni nuovi, imprevedibili, pret à dètacher, ha fatto centro ancora una volta e ha firmato una pagina tra le più confortevoli di questa sessione di moda uomo italiana.
Che ci sia una voglia di pause ragionevoli lo hanno confermato del resto firme come Giorgio Armani che parla di doppiopetto come di abito “ di sicurezza” , moda che in fondo non tramonta mai, e la stessa griffe di Prada con l’elogio che Miuccia Prada ha fatto dell’eleganza fa un passo indietro verso la ragionevolezza. Con qualche distinguo, è ovvio. “eleganza per me - ha detto Miuccia - vuol dire semplicità”, e davvero “semplici” sono apparsi i giovani “Prada” in pantashorts con giacche classiche, gambe nude con calzetti scuri e scarpa chiusa metropolitana. Fantasia scatenata in testa con berretti ripresi dal famoso copricapo di “Sherlok Holmes” tradotto in berrettone siberiano e gonfiato a dismisura fino a prendere proporzioni eccessive. Una particolarità Prada è nello zainetto con una sola “spallina” da portare appunto su una sola spalla come un borsetto d’antan. Il materiale preferito da questa griffe resta comunque il nylon, il black nylon che la griffe autorevole impiega senza limiti e con dettagli addirittura di matrice sartoriale.
Un discorso importante sui materiali proposti in questa tornata di moda esige cronaca per Pal Zileri con la collezione che ci ha proposto al Museo Diocesano scelto da Rocco Jannone per presentare una collezione che racconta voglia di bellezza e di lusso calibrato, senza enfasi ma con grande sicurezza stilistica. Tra giacche di cotone stampato, completi giovani, sciolti ma senza sbavature istrionesche (come qualche collezione ci ha propinato ancora!!!) , autentiche perle di cultura della moda ci sono apparse le giacche in tessuto prezioso che lo stilista ha scelto sfogliando gli archivi di Rubelli, a Venezia, dai quali ad ogni stagione la grande firma veneziana di produzione di tessuti d’arredamento e moda, trae le proposte innovative e insieme d’antan che hanno entusiasmato Jannone per Pal Zileri. Tessuti operati, damascati, nuovi lampassi per giacche importanti e insieme facili. Un gioco che del resto Jannone aveva iniziato con il suo “Tazio”, lo zainetto in tessuto Rubelli presentato con Pal Zileri ai Saloni e riproposto alla grande in questa bella collezione per la prossima primavera-estate 2019. “Ho voluto considerare e studiare la vanità, come elemento caratteriale che in natura contrassegna da sempre il maschio e che nella nostra vita invece è divenuta anche attitudine femminile a 360 gradi. Sulla vanità maschile ho “parlato” con lo specchio che ho fatto piazzare nel centro del prato di questo Museo che accoglie la nostra sfilata perchè diventi un messaggio: una lastra nella quale molti uomini devono guardarsi senza preconcetti e senza narcisismi. “
A sentire il giovane bravissimo stilista calabrese - se autogestita a dovere - la vanità può essere anche un elemento positivo del nostro quotidiano.
Ultimo aggiornamento: 00:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA
MODI E MODA di
Luciana Boccardi