«Minori in fuga, attenzione ai furbi che vengono al "centro estivo Italia"»

Lunedì 18 Giugno 2018 di Alice Carlon
«Minori in fuga, attenzione ai furbi che vengono al "centro estivo Italia"»
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VENEZIA «Il Comune spende ogni anno 2 milioni 600mila euro per gli inserimenti in comunità dei minori non accompagnati ma, a fronte di un piccolo afghano di 10 anni che si è fatto un viaggio terrificante di giorni aggrappato ad un camion, magari ci sono diciassettenni albanesi e kosovari che vengono in aereo scambiando l’Italia come un centro estivo. Spesso si tratta di una vera e propria truffa ai danni dello Stato». Simone Venturini, assessore alla Coesione sociale, apre un fronte sul problema dei minori non accompagnati e chiede il sostegno del governo. Accanto a casi documentati di ragazzini che fuggono da aree di guerra come Afghanistan e Iraq, esistono infatti alcune situazioni non altrettanto chiare. 
 
«Si tratta di un fenomeno estremamente complesso nella cui gestione i Comuni sono lasciati completamente soli dallo Stato», dice Venturini.
E che il problema di questa “guerra tra poveri” esista, lo conferma quanto accade in altri Comuni del Veneto. A Padova sono partite vere e proprie cause di truffa, ma, dicono gli operatori delle associazioni di accoglienza, non sempre chi proviene da Albania e Kosovo viene in Italia a cuor leggero.
Resta il fatto che di 82 minori non accompagnati arrivati da gennaio a Venezia, il 48 per cento arriva da Albania (27%) e Kosovo (21%) e il restante è diviso tra il 36% dall’area che comprende Afghanistan (17%), Pakistan (6%), Iraq (10%) e Kurdistan (3%), mentre il rimanente 16% si divide tra Paesi del Maghreb e dell’Africa Subsahariana.
Venezia non è nella situazione di Padova, ma l’assessore Venturini è chiaro quando chiede che si facciano distinguo tra l’assistenza a chi fugge da guerre e arriva dopo un viaggio disperato e chi giunge a Venezia per strade meno tortuose. «Fortunatamente però - spiega Paola Sartori, responsabile dell’Ufficio delle politiche cittadine per l’infanzia e adolescenza del Comune di Venezia - spesso in questi ultimi casi, dopo un lavoro di indagine, riusciamo ad intercettare dei parenti che risiedono nella zona e che se ne prendono carico. E non sempre chi proviene da Albania e Kosovo, paesi in cui la situazione socio economica non è né stabile né florida, viene in Italia a cuor leggero».
«Ci sono casi di ragazzini albanesi - spiega un volontario di “Refugees Welcome” di Padova - rimasti orfani che partono dall’entroterra perché non hanno più famiglia e arrivano in Puglia ma anche in Veneto dopo un viaggio di giorni senza un posto dove andare e spesso: senza un intervento da parte dei Comuni questi ragazzini sarebbero allo sbando e da qui il passo è breve dall’essere risucchiati nella rete della criminalità organizzata».
Insomma, da una parte l’assessore dall’altra le organizzazioni che lavorano sul campo, come “Refugees Welcome”. Nel mezzo, una questione non semplice e tante storie di ragazzini che scappano dal proprio paese da soli. I numeri riportati alla data del 15 maggio 2018 parlano di 217 tra ragazzi e ragazze, in maggioranza maschi, di cui, come si diceva, 82 nuovi arrivati da gennaio di quest’anno.
Un altro dato da rimarcare è che, per il 33% di questi ragazzi, l’Italia rappresenta solo un paese di transizione: il loro viaggio infatti non si ferma qui perché molto spesso l’obiettivo è raggiungere altri stati come Francia o Germania ma anche Svezia e altri del nord Europa dove si trovano loro parenti. Emblematico è il caso dei 14 minori afghani arrivati nei mesi scorsi nel Comune di Venezia, tutti e 14 già partiti per altra destinazione poco tempo dopo. 
Quando questi ragazzini diventano maggiorenni, il Comune cerca di aiutare i pochi che sono rimasti attuando politiche d’inserimento nel mondo del lavoro come tirocini e stage, oltre ovviamente ad avergli fatto frequentare corsi di lingua italiana per tutta la durata della permanenza nei centri – spiega ancora Paola Sartori - Quelli che restano a Venezia, molto spesso trovano lavoro nel settore turistico in alberghi e ristoranti. Alcune famiglie accolgono per qualche mese i neo maggiorenni finché questi non diventano autonomi, ossia quando sono economicamente in grado di affittare appartamenti in condivisione. Spesso collaboriamo con l’associazione “Comunicare” di Marghera che mette a disposizione appartamenti in comodato d’uso dove i ragazzi possono alloggiare per un periodo pagando solo le utenze. Questi progetti come anche quello “Mai più soli”, contribuiscono ad evitare che questi ragazzi, una volta compiuti i 18 anni, siano allo sbando e facile perda della criminalità, e contribuiscono a rendere le città più sicure». 
Ultimo aggiornamento: 08:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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