Antonio Vivaldi, il "prete rosso" che incredibilmente rischiò l'oblio

Lunedì 12 Marzo 2018 di Alberto Toso Fei
Antonio Vivaldi in un disegno di Matteo Bergamelli
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Antonio Vivaldi è uno dei geni indiscussi della musica del Settecento.
Non tanto (o non solo) del Settecento Veneziano, ma di quel secolo privo di barriere culturali in cui l'Europa intera si riconosceva in un brano musicale, uno scritto filosofico, un'opera teatrale. E se la sua composizione più nota sono i quattro concerti ai quali diede il nome di ognuna delle stagioni, non va dimenticato che il suo incredibile lavoro comprende centinaia di altri concerti, sonate, opere e innumerevoli brani di musica sacra, che influenzarono molti compositori della sua epoca, incluso Johann Sebastian Bach. Oltre all'Estro Armonico, una raccolta di concerti che segnò per sempre il passaggio dal concerto grosso a quello solistico. Eppure non fu sempre così. Perché dopo la sua morte (avvenuta a Vienna il 28 luglio 1741) sul Prete Rosso chiamato così per il suo essere sacerdote e per il colore dei capelli scese la coltre dell'oblio e solo grazie alla ricerca di alcuni musicologi del Novecento la sua figura e le sue opere furono recuperate dalle pieghe della storia rendendolo, meritatamente, uno dei compositori più celebri e più eseguiti al mondo. Nato alla Bragora il 4 marzo 1678, fu subito battezzato nella casa della levatrice poiché in pericolo di morte. Due mesi dopo, il 6 maggio, assieme all'ufficializzazione del battesimo gli furono impartiti in chiesa esorcismi et olii.


La sua fu una strettezza di petto (forse asma bronchiale), così come lui stesso la definì sempre, che lo affliggerà per tutta la vita al punto di impedirgli di salire all'altare, come negli anni della maturità scrisse al marchese Guido Bentivoglio di Ferrara: Sono venticinque anni ch'io non dico messa, né mai più la dirò, non per divieto o comando, ma per mia scelta, e ciò stante un male che patisco a nativitate pel quale sto oppresso. Appena ordinato sacerdote, un anno o poco più, ho detto messa, e poi l'ho lasciata avendo dovuto tre volte partir dall'altare senza terminarla a causa dello stesso male. Male che non gli impedì di diventare un musicista di fama mondiale l'unico tra nove, fra fratelli e sorelle dopo essersi formato alla scuola del padre Giovanni Battista, un barbiere che riuscì a diventare violinista della basilica di San Marco (a sua volta figlio di un sarto bresciano, così come figlia di un sarto era la madre, Camilla Calicchio, di origine materana). I genitori furono determinanti nelle sue scelte di vita: se il padre ne esaltò il talento musicale, la madre lo indirizzò prestissimo a dieci anni verso la vita ecclesiastica, per un voto fatto subito dopo la sua nascita, se fosse sopravvissuto alle precarie condizioni di salute. In un crescendo di successi tra stagioni teatrali, commissioni private e viaggi in altri paesi, non vanno dimenticati i decenni trascorsi da Antonio Vivaldi all'Ospedale della Pietà, dove a partire dal 1703 fu maestro del Coro delle Putte, le ragazze orfane o abbandonate che negli anni della formazione venivano avviate alla musica. Fu anche tra loro che il Prete Rosso potè sperimentare la sua musica vivace, contagiosa e altamente virtuosistica. Malgrado le continue affermazioni, e il fatto che avesse sovvertito i canoni di composizione con l'introduzione nelle parti dei solisti di una intensità espressiva fino a quel momento sconosciuta, fu da molti suoi contemporanei considerato più un bravo violinista che un buon compositore: nel 1740, amareggiato per un declino che considerava ingiusto e osteggiato nella carriera da alcuni alti prelati che considerarono indegno il coinvolgimento di un prete nella fabbrica dello spettacolo (oltre al fatto che fosse spesso in compagnia di donne, prima fra tutte la sua protetta Anna Giraud), decise di tentare la carta di Vienna dove si recò su invito di Carlo VI che da tempo ne apprezzava l'ingegno. Fu una catastrofe: quello stesso anno l'imperatore morì, e Vivaldi avendo tagliato ogni ponte con Venezia e avendo perduto ogni protezione morì malato qualche mese più tardi, a soli 63 anni. Finì sepolto in una fossa comune dello Spitaller Gottsacker, che fu poi abbattuto per costruire il celebre Hotel Sacher.
Ultimo aggiornamento: 13 Marzo, 09:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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