VENEZIA - «La prescrizione ha salvato la Procura, non me». Lo ha dichiarato ieri l'ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, sostenendo che con la sentenza sullo scandalo Mose viene impedito l'accertamento della verità e dunque della sua totale estraneità alle accuse, lasciando una «macchia» a suo carico. Ma Orsoni non molla, e ribadisce che l'inchiesta è stata messa in piedi per «farmi fuori, perché davo fastidio a qualcuno».
L'ex sindaco attende ora di poter leggere le motivazioni della sentenza per poi decidere il da farsi assieme ai suoi legali, ma per poter proseguire il processo avrebbe dovuto rinunciare alla prescrizione prima del pronunciamento dei giudici.
«ACCUSATORI ATTENDIBILI»
Nelle 827 pagine di cui è composta la sentenza sullo scandalo Mose, il Tribunale scrive che gli accusatori dell'ex sindaco di Venezia - Giovanni Mazzacurati e il suo collaboratore, Federico Sutto - sono attendibili. Le loro dichiarazioni precise e riscontrate. E dunque, secondo i giudici è effettivamente avvenuto il finanziamento in nero della campagna elettorale che, nel 2010, incoronò Giorgio Orsoni a Ca' Farsetti.
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«ACCUSATORI ATTENDIBILI»
Nelle 827 pagine di cui è composta la sentenza sullo scandalo Mose, il Tribunale scrive che gli accusatori dell'ex sindaco di Venezia - Giovanni Mazzacurati e il suo collaboratore, Federico Sutto - sono attendibili. Le loro dichiarazioni precise e riscontrate. E dunque, secondo i giudici è effettivamente avvenuto il finanziamento in nero della campagna elettorale che, nel 2010, incoronò Giorgio Orsoni a Ca' Farsetti.