Beato vive da 52 anni in Italia ma non gli hanno mai dato la cittadinanza

Sabato 3 Febbraio 2018 di Paola Treppo
Beat Nussli nella sua piccola osteria a Chiopris Viscone
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CHIOPRIS VISCONE (Udine) - Si chiama Beat Heinrich Nussli, anche se per tutti è Beato; è nato in Svizzera 65 anni fa da genitori svizzeri, nel cantone di Zurigo, a Winterthur. Quando è arrivato in Italia parlava sono tedesco. Aveva 13 anni. Oggi parla sempre bene la sua lingua madre, e parla perfettamente l'italiano, il friulano, il dialetto bisiaco, il veneto e anche, dice lui, il calabrese e il napoletano.

La sua è una storia singolare. Non è mai riuscito a ottenere la cittadinanza italiana, per varie traversie. Eppure lo avevano chiamato anche per il servizio di leva, in Italia, a ridosso dei 18 anni: «Feci la visita medica - racconta -, mi dissero che avevo i piedi piatti e una insufficienza toracica. Così sono stato scartato. Anche in quella occasione avrei dovuto ottenere la cittadinanza italiana; invece mi hanno detto che potevo restare svizzero, perché non servivo all'Esercito. Mi avevano comunque fatto fare il giuramento: dovevo essere fedele all'Italia e difenderla».

Ma perché Beat arriva in Italia?
​Ma perché Beat arriva in Italia, in Friuli, in anni in cui, dallo stesso Friuli, chi può emigra in Svizzera in cerca di un lavoro e di una vita migliore? «Tutta colpa dell'amore». La madre di Beato si separa e incontra un friulano della provincia di Gorizia: è quest'ultimo che la convince a trasferirsi in Friuli Venezia Giulia, dove resterà per sempre.

Beat arriva in Italia il 9 giugno del 1965; nei primi giorni di scuola non capisce cosa dice la maestra, perché non sa l'italiano, così chiede più volte al vicino di banco di aiutarlo a capire in qualche modo la lezione: «Quel giorno la maestra mi fece scrivere 400 volte sul quaderno "non devo più disturbare i compagni di banco". E così ho fatto». Il primo paese nel quale vive con la madre e con il patrigno è Ronchi dei Legionari

Diventa meccanico navale
Frequenta l'Ipsia, sezione meccanica, e diventa meccanico navale. Questa sarà la sua professione al termine degli studi ma il suo pallino è la cucina. Ama spadellare, ama stare in compagnia, servire al banco, dilettarsi ai fornelli. Così, quando finisce il suo turno di lavoro come meccanico navale, la sera, va a lavorare al bar. «Erano altri tempi e tutto quello che guadagnavo lo consegnavo a casa. C'era gran rigore in famiglia: i giovani dovevano rispettare i più grandi e non ci si alzava da tavola se non si aveva finito di mangiare quello che c'era nel piatto. Mica come oggi». 

Il suo primo locale a San Canzian d'Isonzo
​Nel 1976 Beato corona il suo sogno: apre il suo primo locale, a San Canzian d'Isonzo, la trattoria Al Cacciatore. Poi passa a gestire Il Furlan a Ronchi dei Legionari. Poi ancora, e per 14 anni, sarà il re de Alla Carlina, a Monfalcone. In mezzo a tutte queste gestioni, sempre di successo, si prende anche un anno sabbatico. Quindi passa in provincia di Udine e gestisce una pizzeria a Villanova del Judrio, a San Giovanni al Natisone. Dal 2014 a oggi, infine, prende in gestione il piccolo locale Alla Concordia, a Chiopris Viscone, e gli dà il suo nome, Da Beato. Ha anche una dipendente.

«Ho rubato il mestiere con gli occhi»
​Ma dove ha imparato a cucinare Beat? Un po' da solo un po' in Brianza dove era andato a fare il cameriere in hotel e in ristoranti di grande prestigio. «Allora non si poteva entrare nelle cucine - racconta -; i cuochi erano gelosissimi del loro mestiere. Non ti insegnavano nulla. Non c'erano tanti libri come ora, né trasmissioni televisive. Però qualcuno mi lasciava guardare: zitto in un angolo ho imparato. Ho rubato il mestiere con gli occhi».

La moglie italiana diventa subito svizzera 
Ed è proprio in Brianza che Beat incontra quella che diventerà sua moglie, Giovanna Antonietti. Lei è italiana; nata a Cremona. La sposa ed entro due giorni dalle nozze, lei diventa cittadina svizzera, grazie a una rapidissima procedura in Consolato a Trieste. Tutt'oggi la moglie, che lo aiuta nella trattoria di Viscone, ha doppia cittadinanza. Lui, invece, no. 

«Sono un extracomunitario da 52 anni»
«Sono un extracomunitario a tutti gli effetti da 52 anni. Nessuno mi dice niente. Ho provato, molti anni fa, a chiedere la cittadinanza ma mancavano documenti, non c'erano atti, era una procedura molto complicata che poi si è arenata - spiega Beato -; adesso è ancora più complicato ottenerla. I miei figli, invece, ce l'hanno. Amen».

«Torneri subito in Svizzera» 
Ma la Svizzera non gli manca? «Nel 1996 sono tornato nel mio paese natio, per una cena di classe. Vorrei tornare sì, lo farei subito. Là funziona tutto. Ma non ho i soldi per farlo. La vita, in quel paese, è molto cara e devi avere un lavoro, per tornare là. Tutto costa. Gli amici che mi sono rimasti in Svizzera mi sconsigliano di tornare: dicono che dopo una vita in Italia non sarei più in grado di abituarmi. Troppo rigore, estrema precisione. Un Paese dove funziona tutto ma dove non si sgarra. La gente, anche, è più fredda. Non ti dà troppa confidenza, non è espansiva. Per questo il Friuli è decisamente un altro mondo». 
 

 

Ultimo aggiornamento: 4 Febbraio, 14:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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