Michele, il "terrone" più amato del Friuli: «Qui c'è solo gente onesta»

Lunedì 20 Novembre 2017 di Paola Treppo
Michele Esposito, il "terrone" più amato di Friuli
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MARTIGNACCO (Udine) - Da una parte in parte il limoncello, sullo scaffale, e vicino la marmellata che fanno nelle Valli del Natisone, al confine con la Slovenia. Sulla spina della birra l’adesivo della bandiera del Friuli e più in là i babà. In un angolo un bicchiere di vino nero e alla fine della stanza il forno delle pizze. Poi, quando non c’è tanta gente al banco, Michele Esposito, 59 anni, nativo di Tramonti, la cittadina della provincia di Salerno da cui arrivano quasi tutti i pizzaioli d’Italia, si mette a giocare a briscola con i suoi fedelissimi clienti. Tutti friulani.

Come una volta
Siamo a Martignacco, un paese alle porte di Udine che, nelle sue borgate di campagna, come Faugnacco, conserva ancora quel gusto, quel sapore, quella originalità, del Friuli di una volta. Quell’ospitalità tipica delle osterie, del bicchiere da bere al banco prima di andare a casa dopo il lavoro, per far quattro chiacchiere con gli amici. Locali storici di fatto, ma mai sulla carta; locali autentici, che non sono segnalati su nessuna guida turistica, su alcun libro dedicato ai vini, su nessun dépliant che promuove il territorio. Ma è qui che si incontra la gente del posto, come una volta, forse oggi più che un tempo, alla riscoperta dei bar di paese, dove i genitori e nonni fumavano, bevevano e giocavano a morra, facendo parecchia confusione anche in strada, senza che i vicini protestassero per la “movida”.

​I bar che danno un servizio
Oggi nei paesi di campagna, nella vasta pianura del Friuli, con borghi dormitorio o semi spopolati, senza negozi, avere un bar aperto è diventata una rarità. Ed è una rarità sempre più ricercata. Bramata. «Eh scusi, sa, dove andiamo a bere il caffè la mattina? I locali aprono tardi, o chiudono presto, o hanno orari che per chi lavora non vanno bene. Michele, sì, è vero, è un terrone, ma almeno dà un servizio» dicono senza tentennare i clienti. Lui, da dietro il banco, se la ride sotto i baffi: «Sì mi dicono terrone ma mi vogliono bene. E io cosa faccio senza di loro?». Poi vai con “raggio” di briscola, in una domenica pomeriggio piovosa, mentre scende il buio e comincia a far fresco.

Un locale anni Cinquanta 
Michele ha rilevato questo vecchio bar dei primi anni Cinquanta del secolo scorso 23 anni fa. Prima si chiamava “Da Fredo”, dal nome del primo titolare, Alfredo, e aveva anche una gelateria artigianale al suo interno, e un giardino fuori, per bere un taglio al caldo in estate; a metà 1900 aveva anche un jukebox, che andava di moda. Poi il pubblico esercizio è passato di mano in mano: più gestioni, tutte brevi. Prima la moglie e le figlie di Fredo, poi due ragazze, poi due ragazzi, poi una coppia. Alla fine è arrivato Michele, dopo aver fatto esperienza come pizzaiolo in mezza Italia.

Tutto lo Stivale 
Michele, un uomo simpatico che non ha mai imparato a parlare in friulano ma che lo capisce bene, ha iniziato a far pizze da bambino, anche se non è figlio d’arte. Da Tramonti, in Campania, è emigrato in Veneto: tappe a Bibione e a Portogruaro. Poi 2 mesi 15 giorni a Parma da cui scappa a gambe levate: «troppa nebbia». E l’arrivo in Friuli, a Latisana dove da dipendente si mette in proprio e si trasferisce ancora, questa volta a Udine. È il marzo del 1994. Sistema, come dice lui, moglie e figli, e poi il suo approdo finale: Faugnacco di Matignacco, dove rileva il bar che oggi si chiama “Al giardino”. Qui mantiene tutto quello che trova, e costruisce una pizzeria.

«Michele è una persona splendida - dicono i clienti -; lo trovi sempre, aiuta sempre, anche quando ha il giorno di chiusura. È uno dei nostri; guai se non ci fosse». Lui ride e serve tre bianchi, con la sua camicia a quadretti. Anche due caffè e un’acqua. Le pizze? Spesso sono per asporto. Solo con forno elettrico: «Perché non mi piace che la cenere finisca sulla mozzarella» dice.

​«Furlani? Onesti»
«Io sto bene qui, amo il bar, i furlani, la gente di questa regione è onesta e anche simpatica. Mi trovo bene e sto cercando anche di sistemare l’esterno del locale». Per entrare si fanno quattro gradini, a due metri dalla pensilina della corriera, vicino a un cartello sbiadito, quello dei gelati. Si passa una bussola con portaombrelli, cartelli ingialliti, orologi datati e infissi dipinti chissà quante volte con lo smalto bianco. Dentro le lavagne con il “menù”, le brioches, le coppe delle squadre sportive locali.

«Tornate quando volete»
Un sottoscala usato come ripostiglio, coperto da una tenda a fiori, una sala “ristorante” con un armadio a muro chiuso con due ante a vetro: dentro ricordi e chincaglierie da bazar. Le tendine di pizzo alle finestre, qualche pianta a rallegrare. Sul banco l’orzata, lo sciroppo di lampone, quello di amarena. E il vino. «Tornate quando volete perchè è sempre aperto, dalle 7 a qunado c'è gente. Ma ricordate, qui non si fa credito».

lo sottolinea anche un cartello, scritto a mano, attaccato con lo scotch alle bottiglie di rhum, insieme a un foglio di carta con la proposta delle tartine del giorno. Ma è solo un cartello: Michele fa credito, a chi non può pagare subito, e lo fa senza farlo pesare. 

Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 09:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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