Gli intellettuali: «Ospitare i migranti? Sì, ma dipende»

Domenica 19 Novembre 2017 di Alvise Sperandio
Gli intellettuali: «Ospitare i migranti? Sì, ma dipende»
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VENEZIA Tra chi ha firmato l'appello in favore dell'accoglienza dei migranti, c'è chi già ordinariamente apre le porte a chi fugge dalla miseria, ancora prima della clamorosa protesta dei 200 scappati da Cona. Don  Capovilla ogni giovedì ne riceve una cinquantina nella sua canonica della Cita, a Marghera, un quartiere ad alto tasso d'immigrazione. L'ha ribattezzata la Casa di Amodou.

«Vivono in appartamenti, ma vengono qui per stare in compagnia, al caldo d'inverno - spiega don Nandino - Mangiano insieme e si autogestiscono. Io non avrei problemi ad ospitarli anche di notte se ci dovesse essere bisogno, ben inteso sempre col permesso del Patriarca». «L'accoglienza diffusa non è solo è possibile, ma doverosa», scandisce don Nandino che oggi, per la Giornata mondiale dei poveri indetta da papa Francesco, invita a pranzo un po' tutti quelli che ne hanno bisogno: indigenti, senza fissa dimora, profughi con una sistemazione precaria.

Per il regista Andrea Segre, prendere un migrante nella propria casa non dovrebbe neanche essere necessario se davvero si realizzasse la cosiddetta accoglienza diffusa, tanto sbandierata e poco realizzata. «I Comuni che hanno dei migranti sul loro territorio sono solo un migliaio, se si riuscisse a quadruplicarli il problema sarebbe risolto osserva Così i luoghi di accoglienza massificata non avrebbero più ragione d'essere ma è chiaro che a quel punto verrebbero meno sia quegli interessi su cui alcuni generano profitti, che la tensione cavalcata da chi cerca il consenso elettorale». Diversamente, la palla passerebbe tutta in mano ai sindaci. «Migliorerebbe la condizione delle persone E ci sarebbe un controllo diretto delle risorse».

L'ex assessore di Venezia Mara Rumiz bolla come demagogica la domanda "ei aprirebbe le porte di casa a un migrante?", e risponde: «Non avrei nessun problema ad ospitarlo, ma dovrei farlo compatibilmente con il mio stile di vita che mi porta a viaggiare molto, anche in Africa». La parola d'ordine è «saper fare rete» per trovare soluzioni dignitose come ha fatto il patriarca Francesco Moraglia. «In cambio dell'accoglienza sostiene queste persone potrebbero eseguire lavori socialmente utili e impegnarsi in corsi per imparare l'italiano. L'accoglienza sarebbe migliore per tutti: per loro e anche per noi».
 
Ultimo aggiornamento: 15:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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