Catalogna, la fuga dei secessionisti: Puigdemont e 5 ministri chiedono asilo in Belgio

Lunedì 30 Ottobre 2017
Catalogna, la fuga dei secessionisti: Puigdemont e 5 ministri chiedono asilo in Belgio
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dal nostro inviato
BARCELLONA Carles Puigdemont sorrideva sabato mattina, passeggiando nel centro storico della sua Girona, stringeva le mani, si prestava ai selfie e pranzava con la moglie e gli amici nel ristorante dove era di casa quando era sindaco, di fronte al Comune. Sembrava sereno, ma forse sapeva già che quelle erano le sue ultime ore in Catalogna, che lunedì la procura generale lo avrebbe incriminato per malversazione, ribellione e sedizione, e lui sarebbe fuggito. Ieri, l'ex presidente che doveva passare alla storia e venerdì ha cantato insieme ai parlamentari l'inno dopo avere votato la nascita della Repubblica della Catalogna, è scappato a Bruxelles.

IL GRUPPO
Con lui ci sono cinque ex consiglieri (di fatto ex ministri della Generalitat catalana): due sono di PDeCat, Joaquim Forn e Meritxell Borrás, due di Erc, Dolors Bassa e Meritxell Serret, il quinto è indipendente, Antoni Comin. Secondo La Vanguardia, Puigdemont ha incontrato un avvocato specializzato in diritti umani, Paul Beckaert, noto per avere difeso in passato membri dell'Eta: tra l'altro riuscì a evitare l'estradizione proprio da parte del Belgio di Natividad Jauregui, arrestata per terrorismo a Gand ma mai restituita alla Spagna.

L'IMBARAZZO
Dal caldo quasi primaverile di Barcellona Puigdemont e gli altri sono passati al freddo di Bruxelles, dove intendono chiedere asilo politico, creando una grana gigantesca alla fragile coalizione di governo belga. Theo Francken, segretario di Stato per la migrazione del partito indipendentista fiammingo, N-Va, sabato ha detto che Puigdemont avrebbe potuto chiedere asilo politico al Belgio. Ieri il primo ministro Charles Michel, che è liberal e vallone, ha frenato, timoroso della reazione della Spagna: ha detto che l'asilo politico a Puigdemont non è all'ordine del giorno. Per tutto il pomeriggio di ieri i giornalisti a Bruxelles hanno assediato la sede della Generalitat catalana nella capitale belga (una sorta di rappresentanza diplomatica) e del partito N-Va, con la speranza di trovare Puigdemont. Ma è stato tutto inutile: per oggi è attesa una dichiarazione pubblica dell'ex presidente catalano da Bruxelles, dove sarebbe arrivato - ma è una ricostruzione che nessuno ha confermato - andando in automobile da Girona a Marsiglia (il viaggio dura circa quattro ore) e poi prendendo l'aereo fino a Bruxelles (potrebbe avere volato con Ryanair fino a Charleroi, o con Brussels Airlines fino all'aeroporto principale della capitale belga).

Resta un dubbio: ormai il viso di Puigdemont è divenuto popolare in tutta Europa ma non ci sono immagini di questo viaggio sui social, possibile che nell'era degli smartphone nessuno lo abbia fotografato negli aeroporti o sul aereo? Al di là del mistero del viaggio, restano le durissime accuse della procura generale, che ha sede a Madrid, e che gli ha anche chiesto di versare una cauzione di 6,2 milioni di euro, l'equivalente dei soldi pubblici spesi per organizzare un referendum che per il tribunale costituzionale è fuori legge. Da chiarire: è vero che Puigdemont rischia trent'anni di carcere e che se non si presenterà a testimoniare il giudice può ordinarne l'arresto, ma fino a ieri non c'erano nei suoi confronti richieste di misure cautelari, quindi l'ex presidente catalano poteva viaggiare fuori dai confini spagnoli senza violare la legge. E comunque l'esecutivo di Mariano Rajoy si è detto non preoccupato del viaggio dell'ex president.

Il procuratore generale Josè Manuel Maza, ha incriminato di fronte al tribunale supremo anche l'ex vicepresidente catalano Oriol Junqueras, il resto del governo, i membri della mesa del Parlamento (una sorta di conferenza dei capigruppo) e la presidente del Parlamento, Carme Forcadell (che però è ancora tutelata dall'immunità) per avere votato provvedimenti che hanno portato a un referendum illegale l'uno ottobre.

Secondo il giudice l'invito delle forze indipendentiste alla popolazione a opporre una resistenza pacifica era solo una finzione, al contrario c'era volontà di intimidire la polizia. Molti video di quel giorno però - anche tenendo conto della quota di fake - mostrano comunque che chi voleva votare non ha mai reagito all'uso della forza di policia nacional e guardia civil.

Ultimo aggiornamento: 31 Ottobre, 11:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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