Messina, specialista in assenteismo: manca dal lavoro 3 anni, 10 mesi di sospensione e beni sequestrati

Mercoledì 13 Settembre 2017 di Mario Meliadò
Messina, specialista in assenteismo: manca dal lavoro 3 anni, 10 mesi di sospensione e beni sequestrati
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Torna nel mirino per quanto riguarda l’assenteismo l’Azienda sanitaria provinciale di Messina, al riguardo già largamente colpita dall'operazione "Doctor House" e più di recente da due arresti a Letojanni: P.T., una 59enne specialista ambulatoriale in chirurgia pediatrica, è stata sospesa per dieci mesi dall’esercizio della professione, mentre beni per un controvalore di 190mila euro sono stati sottoposti a sequestro preventivo dai militari della Guardia di finanza della Tenenza di Sant’Agata di Militello.
 
Il provvedimento risale al 10 luglio scorso, quando le Fiamme gialle hanno notificato al direttore generale Gaetano Sirna l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Patti Eugenio Aliquò, nel contesto di un processo per truffa ai danni del Servizio sanitario nazionale e falso in atto pubblico, disponeva la misura interdittiva nei confronti della “matricola 6004” (com’è indicata negli atti dell’Asp), in accoglimento della richiesta del pm pattese Maria Milia. La Direzione strategica dell’Azienda peloritana non ha potuto che prendere atto di quanto notificato e disporre già l’11 luglio l’immediata sospensione dal servizio della professionista – legata all’Asp di Messina da un contratto di convenzione a tempo indeterminato che l’avrebbe dovuta vedere alacremente operativa nella zona dei Nebrodi – con deliberazione n. 1989/DG, onde impedire alla radice «aggravi di spesa per l’Azienda».
Il sequestro preventivo “per equivalente” eseguito dalla Finanza ha invece riguardato tre immobili e un’auto di grossa cilindrata, per un importo di poco più di 190mila euro, «pari al danno cagionato all’Ente».
 
Intense e documentatissime le indagini compiute dai militari, numerosi gli atti e anche le testimonianze che “inchiodano” la dottoressa. Per almeno un triennio (2013/2015) la donna, tenuta a svolgere la sua attività in cinque poliambulatori della Tirrenica peloritana (Sant’Agata di Militello, Capo d’Orlando, Santo Stefano di Camastra, Mistretta e Tortorici) per trenta ore settimanali in totale, risultava sì presente: ma solo “sulla carta”.
Invece la presenza riscontrata dai pazienti, o meglio aspiranti tali, era pari a zero. Mai vista, P.T., in quei poliambulatori; al punto che diversi funzionari delle strutture sanitarie erano convinti che non fosse proprio in organico.
 
L’«anomalia»-chiave al vaglio della Procura di Patti, poi, si configura come uno stratagemma diabolico che l’operatrice della Sanità avrebbe congegnato per sottrarsi sistematicamente al proprio dovere d’ufficio.
La donna aveva ideato un’attività di prevenzione da svolgere tramite visite mediche cui sottoporre gli alunni in età pediatrica delle scuole primarie del Messinese: nei (tanti) giorni in cui doveva recarsi negli istituti scolastici prestabiliti, la 59enne professionista avvisava pertanto il poliambulatorio di turno della propria legittima assenza. In realtà, però, non faceva neanche le visite: in almeno 1.300 occasioni, sarebbe stata un “medico-fantasma” anche nelle aule scolastiche.
Ciononostante, la donna gli emolumenti continuava a percepirli per intero dall’Asp, inclusi circa 30mila euro annui di soli rimborsi chilometrici, considerate le distanze da Messina – sua sede di lavoro – dei vari centri in cui avrebbe dovuto prestare servizio.
 
Ma i meccanismi truffaldini sarebbero stati alimentati nei modi più fantasiosi. In diversi casi, il chirurgo pediatrico avrebbe falsamente attestato d’essere presente simultaneamente in due centri del Peloritano che, però, distano tra loro un centinaio di chilometri, riuscendo così a mancare in entrambi i luoghi e però al tempo stesso a percepire anche le indennità per le partecipazioni alle Commissioni sanitarie competenti in materia d’attestazione dell’invalidità civile. Altre volte, invece, avrebbe preso parte a riunioni delle citate Commissioni (incassando il relativo “gettone”), esibendo però un certificato medico per assentarsi per malattia dal luogo di lavoro “istituzionalizzato”.
Tutto molto molto facile, anche perché era la stessa dottoressa a compilare, mese per mese, i registri relativi alle sue (finte) presenze.
Ultimo aggiornamento: 14 Settembre, 11:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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