Il killer rubacuori mestrino che lasciò una scia di orrore in Italia ed Europa

Domenica 13 Agosto 2017 di Carlo Nordio
Il killer rubacuori mestrino che lasciò una scia di orrore in Italia ed Europa
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La sera del 9 Aprile 1981 Nazario Succo, poliziotto in servizio a Venezia, ritornò nella casa di via Terraglio, dove viveva con la moglie Marisa e il diciannovenne figlio Roberto. Qualcosa deve essergli apparso strano, perché nessuno rispose al suo saluto. Ma Nazario non ebbe il tempo di capirne la ragione: fu subito aggredito e trafitto da vari colpi di accetta, che il ragazzo gli inferse con violenza inaudita. Poi l'assassino, con calma e metodo, depose il cadavere accanto a quello della madre, che aveva accoltellato qualche ora prima. Quindi prese l'automobile, e se ne andò. I due corpi furono trovati il giorno dopo nella vasca da bagno, in un lago di sangue.

L'indagine fu breve, si capì subito che il colpevole era lui. Roberto fu arrestato poco dopo, in Friuli. Nacque così un caso che superò i confini nazionali, ispirando libri, film e persino un musical. Gli ingredienti consueti dei delitti celebri, il denaro, il sesso, il potere, furono sostituiti da quelli, ancora più intriganti, di un omicida seriale giovane, bello e virtualmente imprendibile, che tenne in sospeso, per vari mesi, le polizie di mezza Europa. Non c'era mistero nei suoi crimini: l'unico mistero era quello della sua mente. 



Davanti ai magistrati, l'imputato si spiegò così: «Ho ucciso mia madre perché mi opprimeva, e la mia vita in casa era diventata difficile: o lei o io dovevamo scomparire. Se avessi eliminato solo lei, mio padre sarebbe impazzito di dolore, con una moglie morta e un figlio assassino: quindi ho ammazzato anche lui. In alternativa, avrei potuto suicidarmi, ma loro avrebbero sofferto ancora di più. Non avevo altra scelta, e ora mi sento bene». Roberto fu sottoposto all'ordinaria perizia collegiale: uno psichiatra, uno psicologo, e un medico legale. Le conclusioni furono unanimi: schizofrenia e alta pericolosità sociale. Dichiarato incapace di intendere e di volere, il ragazzo fu internato al manicomio criminale (pomposamente chiamato OPG, Ospedale Psichiatrico Giudiziario) di Reggio Emilia. Qui si comportò bene, studiò, si diplomò. I medici dell'Istituto cominciarono a formulare diagnosi incoraggianti: il ragazzo migliorava, e poteva frequentare corsi di studio esterni. Cosi gli furono concessi permessi crescenti in numero e durata. Lui usciva regolarmente, altrettanto regolarmente rientrava. Poi, il 17 Maggio 1986, dopo aver riscosso centomila lire dalla cassa, sparì. Da qui cominciò la sua avventura europea. Lasciò dietro di sé una catena di omicidi, stupri, rapine e altri reati, in Francia, in Svizzera e altrove...
 
 
Ultimo aggiornamento: 14 Agosto, 10:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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