Porto di Trieste, perché è legittima la no tax area

Lunedì 17 Luglio 2017 di Giovambattista Palumbo*
Il porto di Trieste
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La Brexit comincia a far vedere i suoi primi vantaggi per il sistema Italia. Uno di questi è rappresentato dal riconoscimento di una sorta di “no tax area” nel Porto di Trieste. In realtà, peraltro, Trieste era già sede di un porto franco, che rappresentava e rappresenta un unicum nell’ordinamento giuridico italiano e comunitario. Il Porto Libero di Trieste è stato infatti istituito il 18 marzo 1719 come porto extraterritoriale per lo sviluppo economico di tutte le Nazioni del centro Europa.

Alla fine della seconda guerra mondiale, con la sottoscrizione del Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947 nell'allegato VIII e, in seguito, con il Memorandum di Londra del 1954, è stato riconosciuto e disciplinato il regime del Porto Libero di Trieste, attribuendogli lo status di Porto Franco internazionale, ovvero di zona extraterritoriale ed extradoganale. I principi sanciti dal Trattato di pace del 1947 e dal Memorandum di Londra del 1954 vennero poi accolti nell'ordinamento giuridico italiano con i decreti del Commissario Generale del Governo n. 29 del 19 gennaio 1955 e n. 53 del 23 dicembre 1959.

L’articolo 169 del Dpr n. 43/73 (Testo unico della legge doganale) stabiliva poi che per i punti franchi compresi nella zona del porto franco di Trieste previsti nell’allegato VII del Trattato di pace, dovevano restare ferme, in deroga a quanto stabilito negli articoli precedenti del medesimo Testo unico, le disposizioni più favorevoli. E del resto, ai sensi dell’articolo 1, par 1, del Codice Doganale Comunitario “sono fatte salve le convenzioni internazionali ai fini dell’applicazione del medesimo codice”, e quindi, anche il predetto Trattato di pace di Parigi.

La legge 28 gennaio 1994, n. 84, sul «Riordino della legislazione in materia portuale», all’articolo 6, comma 12, faceva infine salva la disciplina vigente per i punti franchi del porto di Trieste, demandando al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l’autorità portuale competente, il compito di stabilirne con un proprio decreto l’organizzazione amministrativa. Si evidenzia peraltro che l’idea di rafforzare e chiarire lo status di area agevolata nel Porto di Trieste non è nuova. La “legge sulle aree di confine” n. 19 del 1991 prevedeva infatti l’istituzione di un Centro Finanziario Off-Shore nel Punto Franco di Porto Vecchio.

La Legge 19/91, art. 3, comma 1 e 4, disponeva, tra le altre, che “Ai fini della promozione e dello sviluppo dell’attività finanziaria …, è istituito un Centro di servizi finanziari ed assicurativi ove operano filiali, sussidiarie affiliate di istituzioni creditizie, di società di intermediazione mobiliare, di società fiduciarie, di enti e società di assicurazione, di società finanziarie che raccolgono fondi sui mercati internazionali presso non residenti da utilizzare unicamente fuori del territorio dello Stato italiano con non residenti. … I soggetti operanti nel Centro per le attività che ivi svolgono non sono considerati residenti in Italia ai fini valutari e bancari; sono esclusi da obblighi di sostituzione relativamente ad imposte italiane …”.

La citata legge è però poi rimasta inapplicata, causa la mancata emanazione dei decreti attuativi. E questo nonostante che, come visto, già in base alla precedente normativa nazionale e doganale in realtà fosse consentito, per il porto di Trieste, uno status speciale molto favorevole, non del tutto però utilizzato, almeno fino ad oggi. Ma perché? Probabilmente perché in Italia, nell’interpretazione delle norme comunitarie, siamo spesso più restrittivi (per lo più per paura) della stessa Commissione Europea.

E il fatto che, nonostante un quadro normativo in fondo abbastanza chiaro, il problema della corretta individuazione delle norme sovranazionali applicabili al Porto Franco di Trieste sia stato considerato per decenni non risolto, dimostra come tendiamo a complicarci la vita. Il Trattato CE e gli atti da esso derivati non erano del resto applicabili alle materie regolate dal Trattato di pace e dai suoi Allegati per la semplice ragione che è il medesimo Trattato CE a garantire, all'art. 234, la salvaguardia degli impegni pattizi precedentemente sorti.

Per le aree portuali triestine vigeva dunque, fin dal 1947, un regime giuridico più favorevole rispetto a quello previsto per le aree doganali «franche» ai sensi del diritto interno o comunitario. L’averlo ora finalmente chiarito senza tentennamenti è un passo comunque importante. Come si dice: meglio tardi che mai.

*Direttore Osservatorio Politiche Fiscali Eurispes

 
Ultimo aggiornamento: 17 Ottobre, 17:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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