Istat: 4,5 milioni di persone in povertà assoluta. Pil pro-capite sotto media Ue: -23% sulla Germania

Venerdì 14 Aprile 2017
Istat: 4,5 milioni di persone in povertà assoluta. Pil pro-capite sotto media Ue: -23% sulla Germania

La povertà assoluta in Italia nel 2015 coinvolgeva il 6,1% delle famiglie residenti (pari a 4 milioni 598 mila individui). È quanto risulta dal rapporto "Noi Italia" dell'Istat. I valori sono stabili sul 2014 sia per l'incidenza di povertà assoluta sia per quella relativa. Rispetto al 2014 peggiorano soprattutto le condizioni delle famiglie con 4 componenti (dal 6,7% al 9,5%). Il 10,4% delle famiglie è relativamente povero (2 milioni 678 mila); le persone in povertà relativa sono 8 milioni 307 mila (13,7% della popolazione).

Il Pil pro capite dell'Italia, misurato in standard di potere d'acquisto (per un confronto depurato dai differenti livelli dei prezzi nei vari paesi), risulta inferiore del 4,5% rispetto a quello medio dell'Ue, più basso di quello di Germania e Francia (rispettivamente del 23,6 e 9,2%). È quanto emerge ancora dal rapporto Istat "Noi Italia", in cui si sottolinea che il valore italiano è però superiore del 5% al prodotto interno lordo spagnolo pro capite.

Nel 2016 la quota di persone soddisfatte per la propria situazione economica (50,5%) risulta in aumento per il terzo anno consecutivo; a crescere sono soprattutto coloro che si dichiarano «abbastanza soddisfatti». Il livello di soddisfazione per la situazione economica aumenta in tutte le ripartizioni ma è il Centro-Nord a registrare l'aumento più consistente sul 2015 (da 52,7% a 56,4%).

Nel 2016 la pressione fiscale in Italia è scesa al 42,9%, in riduzione di 0,7 punti percentuali dal massimo del biennio 2012-2013. Tuttavia, il nostro Paese rimane fra i paesi con i valori più elevati, superato, tra i maggiori partner europei, solo dalla Francia.  Per quanto riguarda la spesa pubblica, lo Stato ha speso nel 2015 circa 13,6 mila euro per abitante, un valore sostanzialmente in linea con quello medio dell'Ue. Tra le grandi economie dell'Unione, Germania, Regno Unito e Francia presentano però livelli più elevati, mentre la Spagna spende meno dell'Italia. 

In Italia sono occupate poco più di 6 persone su 10 tra i 20 e i 64 anni, il dato peggiore nell'Unione europea ad eccezione della Grecia. Tra i 20 e i 64 anni nel 2016 era occupato il 61,6% della popolazione con un forte squilibrio di genere (71,7% gli uomini occupati, 51,6% le donne). Grande anche il divario territoriale tra Centro-Nord e Mezzogiorno (69,4% contro il 47%). Nella graduatoria Ue sul 2015 solo la Grecia ha un tasso di occupazione inferiore, mentre la Svezia registra il valore più elevato (80,5%).

A inizio 2016 ammontavano a poco più di 5 milioni il numero di cittadini stranieri residenti in Italia, vale a dire lo 0,2% in più rispetto al 2015. Nel confronto con l'Ue il nostro Paese presenta un'incidenza più alta della media, andando a occupare l'11/mo posto, subito dopo Regno Unito (8,4%) e Germania (9,3%) e prima della Francia (6,6%). Da rilevare comunque che nello stesso periodo erano presenti sul territorio italiano quasi 4 milioni di cittadini non comunitari (cioè stranieri non comunitari in possesso di un documento valido di soggiorno e gli iscritti sul permesso di un familiare). Altro dato di rilievo segnalato dall'Istat riguarda il flusso di ingresso di cittadini comunitari, che dal 2011 starebbe facendo segnare una flessione, soprattutto nelle regioni del Centro e del Sud. Non a caso, viene sottolineato, nel 2015 i nuovi permessi rilasciati sono stati il 3,8% in meno rispetto all'anno precedente.
Nel mercato del lavoro si assottiglia il divario tra italiani e stranieri: nel 2015 il tasso di occupazione (20-64 anni) si è attestato al 62,4% contro il 60.3 degli italiani.

Il nostro, rileva ancora l'Istat, è poi un paese sempre più anziano. A livello Ue il Belpaese si conferma al secondo posto per indice di vecchiaia, dopo la Germania, con 61,4 anziani ogni 100 giovani e 55,5 persone in età non lavorativa ogni 100 in età lavorativa. L'istantanea dell' Istat ci dice anche che nel 2015 il nostro Paese ha occupato la quarta posizione per importanza demografica, alle spalle di Germania, Francia e Regno Unito. In più, il Mezzogiorno continua ad essere l'area più popolata nonostante sia anche quella meno cresciuta negli ultimi 10 anni. La nostra popolazione, inoltre, è concentrata in tre regioni: Lombardia, Lazio e Campania.

Altro tema caldo è quello della natalità: secondo il nostro istituto di statistica in Italia continua a diminuire il numero
medio di figli per donna, ambito che è stato pari a 1,34 nel 2016 (era stato 1,35 nel 2015), mentre occorrerebbero 2,1 figli per garantire il ricambio generazionale. Di pari passo aumenta l'età media delle madri, pari a 31,7 lo scorso anno, facendo segnare un incremento di quasi un anno dal 2004. Sempre su questo tema l' Istat ci informa che le regioni del nostro Mezzogiorno hanno in media le madri più giovani. Da ultimo, ancora a livello Ue, il nostro Paese occupa la 23/ma posizione per grado di fecondità, con Francia e Irlanda forti di valori di poco inferiori alla soglia di ricambio generazionale (rispettivamente 2,0 e 1,9 nel 2014).

Sul numero di laureati e abbandoni degli studi l'Italia infine ha fatto passi in avanti ma resta lontana dalla media europea. Per spesa pubblica in istruzione il nostro Paese occupi il quartultimo posto: incide sul Pil per il 4,1%, valore più basso di quello medio europeo (4,9%). L'Italia risulta quartultima anche nella graduatoria delle persone di 25-64 anni con livello di istruzione non elevato, con una incidenza quasi doppia rispetto all'Ue28 (rispettivamente 40,1% e 23,5%). E anche se la percentuale - il 26,2% - dei 30-34enni che ha conseguito la laurea nel 2016 è in linea con quanto stabilito dall'Europa come obiettivo per l'Italia, resta lontana dal 40% fissato per la media europea: in Europa il nostro Paese continua a ricoprire l'ultima posizione, 25,3% contro il 38,7% della media Ue28.

Miglioramenti si registrano poi sul fronte degli abbandoni scolastici: nel 2016 la quota di giovani che lasciano gli studi è scesa, infatti, al 13,8% superando l'obiettivo nazionale del 16% fissato dalla Strategia Europa 2020. Ciononostante l'Italia si piazza anche in questo caso al quartultimo posto (14,7% contro una media Ue28 dell'11%). Peggio di noi solo Romania, Malta e Spagna.

Un primato però l'Italia lo detiene: per quota di Neet (le persone che non hanno un lavoro né lo cercano né frequentano una scuola) siamo al top in Europa con oltre 2,2 milioni di giovani di 15-29 anni.

 

Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 16:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA