​La morte di George Michael il talento e l'autodistruzione

Giovedì 29 Dicembre 2016
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Caro direttore,
la dipartita di George Michael nel giorno di Natale ci lascia smarriti, ma i vari tiggì dipingono il grande artista dapprima con i vizi privati e poi con le sue pubbliche virtù, il suo talento immenso, ed è una grande occasione persa. L'agitare l'intimo, prima di celebrare il talento, forse è questo che la notizia deve urlare per farsi udire? Sarebbe opportuno lasciare grande spazio alla musica, alle opere, che poi sono quello che un artista ci lascia in ereditò come grande patrimonio inestimabile. Lei cosa ne pensa?


Mauro Lama

Caro lettore, 
credo che di fronte alla morte a soli 53 anni di un fenomeno musicale del valore di George Michael ci sono due sentimenti che convivono, in modo quasi inscindibile.  Da un lato il ricordo del suo immenso talento e delle canzoni che ha saputo creare. Dall'altro la constatazione angosciante e terribile di come spesso il genio artistico si accompagni a una incontenibile capacità autodistruttiva. Non è moralismo né volontà di speculare sul privato. Ma è difficile, di fronte alla notizia della morte, separare questo due dimensioni della vita di un artista, soprattutto quando quelli che lei chiama i vizi privati hanno finito con il prevalere, privando la musica mondiale di uno dei suoi grandi interpreti, in una stagione della vita in cui la creatività gli avrebbe potuto consentire di lasciare altri segni del suo grande talento.
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