«Coinvolgiamo nel lavoro i migranti che sono legittimamente sul nostro suolo: i rifugiati o chi ha già presentato la richiesta di asilo.
«È ora di fare un passo in avanti». Il lavoro, che è «nell'interesse dei migranti e della collettività», non sarebbe obbligatorio. «Semmai - dice Morcone - possiamo pensare a un meccanismo premiale. Chi mostra buona volontà e capacità di inserirsi nel nostro contesto sociale potrebbe ottenere un'attenzione diversa nell'accoglienza. C'è il permesso umanitario, che attualmente viene dato per motivi di vulnerabilità ai bambini e ai malati. Potremmo usarlo in questo senso. Dopo un anno la verifica servirebbe da incentivo a comportamenti virtuosi». Sulla ricompensa, «non penso a una paga con tariffe nazionali, ma a una retribuzione ridotta: la decurtazione servirebbe per recuperare i costi dell'accoglienza», spiega il prefetto.
L'obiettivo è «dare loro un futuro e far sì che non siano solo un peso per la comunità. L'inclusione, poi, impedisce la radicalizzazione e giova alla sicurezza. Questa emergenza si può trasformare in un'occasione di sviluppo». Quanto alla tipologia di lavoro, «Ci sono settori che hanno bisogno: l'agricoltura, le costruzioni, l'assistenza agli anziani». Per evitare sfruttamento e affari criminali «ci sono sanzioni penali. C'è un protocollo sulla legalità. Non pensiamo di trattarli come schiavi. Certo - rileva Morcone - dove c'è il formaggio arrivano i topi. Bisogna tenere lontano affaristi e garantire trasparenza, ma non possiamo più essere prigionieri dei 'nò dei sindaci che mirano più alla caduta di Alfano o di Renzi che a risolvere la situazione».