Estorsione a luci rosse al prete: dammi
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Domenica 7 Agosto 2011 di Cristina Fortunati
(archivio)
ROVIGO - Sulle prime aveva pagato. Poi, dopo aver consegnato a un giovane marocchino decine di migliaia di euro, si era ribellato. Alla fine dell'agosto dello scorso anno un attempato sacerdote che vive in un paese del Delta, stanco di essere ricattato con la minaccia di rendere pubbliche immagini hard, foto e filmati di rapporti omosessuali, si era rivolto ai carabinieri. Ora la vicenda giudiziaria che ne è seguita finisce in Cassazione.



Quando il religioso aveva presentato denuncia, l'estorsione a luci rosse andava avanti da mesi. I pagamenti erano avvenuti a tranche ma non per questo erano stati meno impegnativi. Il conto in banca si era a poco a poco assottigliato e il sacerdote non sapeva più come far fronte alle esigenze crescenti del suo tormentatore. A un certo punto, di fronte a quelle richieste senza fine, deve aver capito che esaudirle non faceva che alimentarle. Probabilmente ha anche vinto la vergogna per dover rendere pubblica una vicenda così scabrosa che lo vedeva coinvolto.



La "confessione" ai carabinieri. Fatto sta che è uscito dalla canonica e si è diretto in caserma. Ai militari della stazione del paese il prete ha raccontato ogni cosa. I carabinieri lo hanno istruito a preparare una trappola per il ricattatore. Quando il marocchino si è fatto vivo, quindi, il religioso ha finto di acconsentire e si è detto disposto, ancora una volta, a pagare. I due si erano dati appuntamento in un luogo appartato. Allo scambio, nascosti, c'erano anche i militari che avevano studiato la regia nei dettagli.



La trapola per il ricattatore. Il marocchino si era presentato accompagnato da un amico romeno. Nel momento i cui il sacerdote ha passato al giovane le banconote concordate, i carabinieri sono usciti allo scoperto. Per i due stranieri, il marocchino, M.S, e il romeno, G.G, sono scattate le manette. I due compari hanno avuto sorti diverse. Il romeno, interrogato dopo l'arresto, era riuscito a dimostrare allo stesso pubblico ministero, Stefano Longhi, di essere estraneo all’estorsione. Aveva semplicemente incontrato l'amico e l'aveva accompagnato. A questo punto era stato prosciolto dalle accuse. Sorte diversa per il marocchino, incastrato dalla testimonianza del sacerdote e da numerose circostanze. A giudizio, il giovane aveva deciso di patteggiare tre anni e cinque mesi di reclusione. Ma ora il legale che lo assiste ci ha ripensato e contro quella decisione ha presentato il ricorso in Cassazione.
Ultimo aggiornamento: 8 Agosto, 18:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA