Regione, la Corte d'Appello chiede
chiarimenti ai candidati sulle spese

Venerdì 15 Gennaio 2016 di Vettor Maria Corsetti
I candidati alle scorse elezioni regionali
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VENEZIA - Nessuno rischia la revoca del mandato. L’eventuale sanzione sarà soltanto pecuniaria. E da sei sono già scesi a cinque i politici ai quali il Collegio di garanzia elettorale della Corte d'Appello di Venezia ha chiesto chiarimenti sulle spese sostenute nella campagna elettorale per le Regionali e Comunali 2015. Dall'elenco, infatti, è stato depennato Massimo Bergamin, sindaco leghista di Rovigo, perchè la documentazione richiesta è stata trovata tra gli incartamenti effettivamente pervenuti. Per quel che riguarda la Regione, dunque, restano in ballo il governatore Luca Zaia, l'ex candidato presidente e capogruppo consiliare del Movimento 5 Stelle, Jacopo Berti, la collega del Partito democratico Alessandra Moretti e Flavio Tosi, capofila dell'omonima lista. Mentre tra i sindaci, a dover rendere conto delle proprie spese all'organo di controllo sarà solo il primo cittadino di Venezia, Luigi Brugnaro.
A Zaia e a Berti, dichiaranti zero spese perché del tutto sostenuti finanziariamente dai rispettivi partiti, il Collegio di garanzia aveva chiesto se avessero ricevuto (e in caso affermativo, in che misura) «contributi o servizi da parte di altri, essendo notoria la campagna elettorale effettuata». Il presidente della Giunta regionale ha già risposto con una nota firmata dall'amministratore nazionale della Lega Nord, Antonio Mondardo: quest'ultimo conferma ufficialmente che tutte le spese saldate o ancora da saldare per la conquista di palazzo Balbi «sono state o saranno coperte con fondi del partito». Si tratta, tra l’altro, di prassi che in passato non aveva dato adito a contestazioni. Della sfidante Alessandra Moretti, invece, «non risulta pervenuto l'estratto conto del conto corrente bancario aperto dal mandatario elettorale». Più impegnativa da chiarire la posizione di Tosi: gli sono stati chiesti lumi sul vistoso superamento del limite consentito, avendo dichiarato spese elettorali per complessivi 436.028 euro rispetto al tetto massimo di legge di 38.802.
Il collegio di magistrati, docenti universitari e commercialisti presieduto dal giudice Gioacchino Termini ha sollecitato approfondimenti anche al sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. Innanzitutto per la mancata produzione «di un estratto conto integrale del suo mandatario elettorale, bensì solo fino alla data del 30 giugno 2015». In secondo luogo, per chiarire la provenienza di tre accrediti versati tra l'8 maggio e l'8 giugno per complessivi 75.000 euro. Infine, per specificare la fonte di provenienza e sapere «se il valore dei beni e servizi forniti dal candidato (il cosiddetto "pagato di tasca propria", ndr) si riferisce a pagamenti effettuati al di fuori del conto intestato al mandatario». Ciò per accertare se la massima spesa consentita a questo livello è stata realmente rispettata (come dichiarato da Brugnaro nell'autocertificazione) o, come si suol dire in simili circostanze, «sforata» per un importo di oltre 30.000 euro.
In ogni caso, per lui come per gli altri, nessun rischio di revoca del mandato. Semmai, in assenza di chiarimenti adeguati, il pagamento delle sanzioni pecuniarie previste dalla legge per i trasgressori. Che in casi del genere vanno da un minimo di 5.000 a un massimo di 51.000 euro, per l'importo variabile «in ragione della violazione accertata».
Ultimo aggiornamento: 11:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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